Gioielliere scambiato per terrorista: quattro ore da incubo all'aeroporto di Dubai

Sui vestiti di Domenico - gioielliere 57enne di Tivoli - sono state trovate tracce di esplosivo. All'aeroporto di Dubai l'hanno messo sotto torchio per ore prima di lasciarlo partire

Gioielliere scambiato per terrorista: quattro ore da incubo all'aeroporto di Dubai

Da gioielliere a sospetto terrorista in pochi minuti: è la storia di Domenico, 57enne di Tivoli. Mentre rientrava da una vacanza, durante i controlli di sicurezza, sono state rinvenute tracce di polvere da sparo sui suoi abiti.

Il racconto

"Quando il primo tampone ha rilevato tracce di esplosivo ho pensato fosse un banale errore ma poi il test è stato ripetuto quattro volte con lo stesso esito e ho cominciato a preoccuparmi" racconta lo sfortunato gioielliere su La Repubblica. Insieme alla moglie stava tornando in Italia dopo un vacanza a Emirati Arabi. Un periodo di relax, al sole, al caldo, lontanto dal freddo del Lazio cancellato nel peggiore dei modi: è stato fermato dalla polizia di Dubai.

"E’ stato terribile. Non riuscivamo a spiegarci come tracce di esplosivo fossero finite sulla mia tuta e soprattuto non sapevamo come fare ad uscire da quella situazione. Ho mantenuto la calma solo perché ero certo di non aver fatto nulla di male". L'incubo della coppia si materializza con il primo controllo dei passaporti, poco dopo aver imbarcato i bagagli: "Ho visto l’uomo della vigilanza irrigidirsi dopo il primo esame sui miei abiti. Gli ho chiesto quale fosse il problema nel mio inglese maccheronico". Dall'altra parte del vetro di sicurezza la risposta è "no problem". Peccato che - come spiega Domenico - "ho sbirciato sulla schermata del computer e ho letto “Alert Explosive” ed è a quel punto che ho iniziato a preoccuparmi davvero".

Nella sua mente passa di tutto anche il racconto di un ragazzo "arrestato per tre mesi per un equivoco in un negozio e ho cominciato a chiedermi cosa stavo rischiando". L'uomo viene preso in disparte, la moglie Antonietta di 55 anni si fa sempre più pallida. "Non capivo cosa stava succedendo - non capivo se era meglio chiamare la Farnesina, l’ambasciata, l’agenzia di viaggi o chi altro". Lo interrogano. Lo interrogano per ore. Davanti a lui sfilano uomini della sicurezza, funzionari di polizia e altri uomini in divisa. Davanti all'aeroporto arriva perfino una macchina della forze dell'ordine: "Ho pensato davvero che fosse per me ad un certo punto e che sarei finito in cella di sicurezza".

Le domande si susseguono. Ogni dettaglio della vacanza: "Sembrava che volessero controllare che io avessi visto davvero i posti che stavo elencando". Domenico è anche costretto a chiedere un interprete. La sua valigia intanto viene analizzata da cima e fondo: "Avevo un barattolo con la sabbia del deserto e lo hanno passato allo scanner". Ore e ore a chiedersi come quella polvere fosse finita sui suoi abiti: "Ero vestito così anche il giorno prima di partire, eravamo andati in un villaggio beduino, avevo montato un cammello insieme a uno del posto, ma non ho idea di cosa posso aver fatto per procurarmi quei residui di esplosivo".

Poi finalmente arriva la libertà: "Credo sia stato quando ci hanno chiesto se avevamo figli e io ho risposto d’un fiato: sì, due e sono a casa che ci

aspettano", spiega questa volta Antonietta. La coppia riesce a partire alle 2.30 di notte, per un pelo non hanno perso il volo. Ora ironizzano: "Non sembravano poi così convinti quando ci hanno lasciato andare".

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