Massimo Giletti ha chiuso il suo Non è l'Arena qualche settimana fa, dopo essersi dedicato per diverse puntate all'affair dei boss della criminalità organizzata fatti uscire di prigione e messi in regime di detenzione domiciliare durante l'emergenza Covid. Il conduttore de La7 è stato il primo a far emergere il caso del magistrato Nino Di Matteo e a parlare dell'anomalia delle scarcerazioni e questa sua inchiesta pare gli abbia causato tanti nuovi nemici.
A riprendere un retroscena inquietante è Repubblica, che riporta alcuni stralci di intercettazione di Filippo Graviano, condannato per le stragi mafiose del 1992 e del 1993. È stato arrestato nel 1994 e sta attualmente scontando la sua pena all'ergastolo nel penitenziario di Parma. Qui, gli inquirenti hanno intercettato alcune sue conversazioni con Maurizio Barillari, il cui nome è legato alla ndrangheta. I dialoghi registrati dagli uomini del Gom hanno ascoltato i due durante l'ora d'aria e le frasi registrate sono molto chiare. "Quell'uomo... Di Giletti e quel... di Di Matteo stanno scassando la minchia", si legge su Repubblica. I dialoghi si trovano nel libro "U siccu", scritto dal giornalista Lirio Abbate su Matteo Messina Denaro.
L'intercettazione risale allo scorso 11 maggio. Come riporta il Gom, la sera precedente molti dei detenuti del 41 bis erano sintonizzati su La7 per vedere Non è l'Arena di Massimo Giletti. Nel report degli inquirenti ci sono anche altre frasi che coinvolgono il Ministro Alfonso Bonafede: "Fa il suo lavoro e loro rompono il cazzo". Lo stesso Lirio Abbate è stato minacciato, come riportano i documenti stilati dal Gom. Il giornalista è finito nel mirino dei condannati perché ospite di quella puntata di Non è l'Arena. Contro di lui si è scagliato Giuseppe Graviano, fratello di Filippo, ugualmente detenuto al 41 bis. Abbate, nell'esporre la sua opinione, avrebbe citato proprio i due Graviano, considerati due dei più importanti e sanguinari boss, tanto fedeli alla malavita da non aprirsi mai durant gli interrogatori, chiudendosi dietro la facoltà di non rispondere.
Ci sono anche altri nomi noti nelle intercettazioni raccolte all'interno delle mura detentive. Come quello di Rita Dalla Chiesa, figlia del Generale Carlo Alberto, vittima di un attentato mafioso nel 1982 a Palermo insieme a sua moglie e a un agente della scorta. Anche la conduttrice e giornalista ha come unica colpa quella di essere spesso ospite nel programma di Massimo Giletti e di condannare, da sempre, qualunque ingiustizia ma soprattutto quelle legate alla criminalità organizzata, della quale conosce le brutture sulla propria pelle.
Massimo Giletti ha appreso dell'esistenza delle intercettazioni questa mattina da Repubblica durante la lettura dei quotidiani. Nessuno si era premurato di informarlo dei gravi contenuti che lo vedono protagonista e il conduttore si è voluto sfogare con il Corriere della sera. "Lo ritengo grave. Quelli degli agenti del Gom sono ascolti che risalgono a maggio, ora siamo a luglio. Non mi pare proprio normale che io non ne abbia saputo nulla", sbotta Massimo Giletti, che pretende più attenzione da parte di chi di dovere. "In questa storia quello che pesa è per l'ennesima volta il silenzio delle istituzioni competenti. Mi è sempre rimasta impressa una frase della moglie di Totò Riina: 'Alla fine scoprirete che i peggiori non siamo noi'", ha affermato il conduttore.
Al giornalista che gli riferisce di altre dichiarazioni scottanti che si dice siano sul tavolo del ministro, Giletti risponde che questo è un rischio che chi fa indagini su argomenti come questo è pronto a correre: "Mi amareggia molto l'assenza delle istituzioni, mi sarei aspettato di essere avvisato, non di leggerlo su un giornale".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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