I colori dell'anti-mafia

L'ultimo boss della mafia, Matteo Messina Denaro, dopo trent'anni di latitanza è stato consegnato alla giustizia. Un successo dello Stato, delle forze dell'ordine, della magistratura e della politica

I colori dell'anti-mafia

L'ultimo boss della mafia, Matteo Messina Denaro, dopo trent'anni di latitanza è stato consegnato alla giustizia. Un successo dello Stato, delle forze dell'ordine, della magistratura e della politica a cominciare dal governo guidato da Giorgia Meloni. Qualcuno ironizzerà sul fatto che ci sono voluti trent'anni per assicurare uno dei boss più spietati di Cosa Nostra alle patrie galere; o, ancora, che il vecchietto malato di tumore, con il cappello di lana calato sulla testa, è solo il pallido ricordo di quella primula del crimine che ha terrorizzato la Sicilia e non solo, dell'uomo senza cuore che ha fatto sciogliere il figlio di un pentito nell'acido. Congetture simili sono un errore, perché i boss restano pericolosi a qualunque età e la loro latitanza offre un modello ai picciotti più giovani, per cui la loro cattura è la prova che lo Stato esiste e un atto di giustizia verso le vittime.

Inoltre, la fine di un boss è un modo anche per sfatare leggende che fanno male alla memoria del nostro Paese e narrazioni che spesso non hanno nulla a che vedere con la realtà. E nel giorno in cui l'ultimo Padrino va dietro le sbarre, in cui la mafia almeno come la conoscevamo finisce, magari trasformandosi in qualcos'altro come insegna la continua metamorfosi del crimine, sarebbe il caso anche di aprire una riflessione su come è stata raccontata la lotta a Cosa Nostra e sulle ossessioni dei cultori dell'anti-mafia.

Nella cosmografia di certi mondi, la criminalità organizzata, le stragi, il terzo livello - se esisteva - ha sempre avuto a che fare con l'area moderata, di centro o di destra. Sono stati sempre tirati in ballo nel tempo esponenti della prima Repubblica, il Cavaliere (che ancora qualcuno ha il coraggio di accostare alle bombe del '92-'93) e il centrodestra in generale. Tant'è che i vari pm modello Di Matteo sperano che Messina Denaro confermi i teoremi basati sulle loro fobie. Ombre sulla sinistra non sono mai state lanciate. Vietato.

Ora, potrà pure sembrare semplicistico ma è un dato inequivocabile che dei tre boss che hanno fatto la storia della mafia negli ultimi quarant'anni, nessuno è stato catturato mentre era al governo una coalizione di centrosinistra: Totò Riina fu preso esattamente trent'anni fa, il 15 gennaio del 1993, mentre a Palazzo Chigi Giuliano Amato guidava un esecutivo basato sui superstiti del pentapartito della prima Repubblica; Bernardo Provenzano fu arrestato l'11 aprile del 2006 e la stanza dei bottoni era occupata da Berlusconi; in ultimo Matteo Messina Denaro ha finito la sua latitanza trentennale ieri e al governo c'è il governo di centrodestra della Meloni.

Naturalmente non si possono fare ragionamenti su argomenti così delicati basandosi solo su dati temporali. Né tantomeno si può teorizzare che la sinistra, con i suoi martiri, non abbia fatto la sua parte nella lotta alla mafia. Detto questo, però, non si può neppure ipotizzare il contrario, inventandosi teorie che non tengano conto delle cronache con il paradosso assurdo di continuare a mestare nel torbido per lanciare sospetti su chi i boss li ha messi in galera. Perché purtroppo di veleno ne è stato sparso tanto in questi anni.

Veleno che ha lambito e martirizzato tanti bravi servitori dello Stato, colpevoli solo di non avere una copertura politica a sinistra. Ecco, sarebbe il caso che la lotta alla mafia e in generale alla criminalità organizzata non abbia più un colore politico, ma due soli protagonisti: appunto, lo Stato e una Nazione unita.

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