I conti che l'industria non deve pagare

La crisi energetica costerà a noi più che ai nostri partner europei. Se si esclude la Germania

I conti che l'industria non deve pagare

A gennaio e febbraio, prima della guerra, la nostra produzione industriale era andata in rosso. L'impennata dei costi delle materie prime e dell'energia si era già fatta sentire. Con la guerra le cose sono peggiorate. E, con le eventuali sanzioni ai fossili russi, potrebbero precipitare. Non solo per il fatto che banalmente rischiamo di rimanere a secco di carburanti per la nostra industria, ma anche perché gli stessi costeranno molto più cari.

Questo scenario è drammatico per l'Italia. La crisi energetica costerà a noi più che ai nostri partner europei. Se si esclude la Germania. In Europa ci sono tre grandi fabbriche. Quella italiana e quella tedesca, appunto, che vengono alimentate per lo più dal gas russo. E quella francese, che può contare sull'atomo.

Ciò vuol dire che se dovessimo bloccare le importazioni da Mosca, ci sarebbero costi per le economie europee asimmetrici. Alti per Italia e Germania, medi per la Francia, relativamente bassi per gli altri Paesi. Quando si parla di posizioni non allineate a Bruxelles si devono fare i conti con questi interessi differenti. Il problema, non ce ne voglia il premier Mario Draghi, non sono né i riscaldamenti né l'aria condizionata, ma le catene di montaggio. Per queste ultime non si possono abbassare di un grado le temperature. Ma la situazione è on-off. Come su un telecomando. I forni con cui si fanno le piastrelle, di cui eravamo leader mondiali, gli altiforni con cui si genera l'acciaio o il vetro, non si possono spegnere o alimentare, per ora, con il vento o il sole. Le batterie sono buone per le Tesla, e per poche centinaia di chilometri, non per una catena produttiva, nella quale i robot cercano le efficienze al millimetro.

Così come gli scriteriati lockdown inventati nei primi mesi della pandemia hanno spento il motore italiano più di quelli di altri Paesi concorrenti, oggi con gli embarghi di cui si parla, si rischia di commettere lo stesso drammatico errore: penalizzare l'Italia a favore di chi ha economie meno legate all'industria e basate su servizi (finanza) e commerci.

Ciò, ovviamente, non vuole dire che la strada delle sanzioni europee non si possa percorrere (anche se non risulta nella recente storia mondiale che una guerra o un autarca siano finiti per esse), ma si devono prevedere dei meccanismi di compensazione o, se preferite, di solidarietà tra Paesi.

Stiamo combattendo una guerra fino all'ultimo ucraino (sono loro che rischiano sul campo), con il sacrificio materiale dell'industria italiana e tedesca.

Ps: Evidentemente se per tempo avessimo pensato di

diversificare oggi non ci troveremmo in questa disastrosa situazione. Assorisorse, proprio ieri, ha fatto sapere che anche questo governo ha ridotto le sue possibilità di estrazione e ricerca in Italia di nuovi giacimenti di gas.

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