I jihadisti nei Balcani e quei contatti con l'Italia

La recente operazione transnazionale anti-terrorismo che ha coinvolto Albania, Kosovo, Macedonia alza il velo sui contatti tra i jihadisto balcanici e il nostro Paese

I jihadisti nei Balcani e quei contatti con l'Italia

La recente operazione transnazionale anti-terrorismo che ha coinvolto Albania, Kosovo, Macedonia ed ha portato all’arresto di una ventina di sospetti jihadisti che pianificavano un attentato su ampia scala durante la partita di calcio Albania-Israele lascia emergere due elementi interessanti:

1- Collegamenti tra le network coinvolte negli arresti e l’Italia.

2- Legami tra la network albanese dei predicatori Genci Balla e Bujar Hysa (in carcere a Tirana) da una parte e quella kosovara di Lavdrim Muhaxheri e Ridvan Haqifi dall’altra (entrambi attualmente in Siria a capo di un battaglione balcanico dell’Isis). Poco più di un anno fa, il 1 dicembre 2015, con l’operazione “Van Damme” veniva sgominata una piccola cellula operante tra Italia e Kosovo, con a capo Samet Imishti, residente nel bresciano dove lavorava come piastrellista. L’uomo veniva arrestato in Kosovo; nella sua abitazione venivano trovate alcune armi da fuoco e collegamenti diretti accertati con filiere jihadiste attive in Siria, riconducibili al noto terrorista kosovaro dell’Isis, il “macellaio” Lavdrim Muhaxheri.

Assieme a Samet Imishti e a due suoi parenti veniva arrestato anche il macedone Arben Suma, residente nel vicentino, per il quale veniva disposta la misura di sorveglianza speciale, su richiesta avanzata direttamente dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo (che consiste nel ritiro del passaporto, obbligo di firma, divieto di lasciare la propria abitazione in determinati orari e altre prescrizioni). Suma era in contatto con l’imam radicale macedone di etnia albanese Rexhep Memishi, arrestato a fine marzo 2016 dalle autorità di Skopje e condannato a sette anni di carcere per reclutamento dedito al terrorismo e partecipazione a gruppi paramilitari di stampo islamista. I riferimenti a Rexhep Memishi sono molto frequenti nell’hummus islamista radicale albanese che gravita tra Kosovo e Macedonia, tanto che compariva anche sullo sfondo del profilo Facebook di Ghafurr Dibrani, il kosovaro che inneggiava a Bin Laden sul social network, arrestato dalla Digos di Brescia e successivamente scarcerato dal Tribunale del Riesame. Samet Imishti, considerato il capo del gruppetto, pare fosse a sua volta in contatto in contatto con Lavdrim Muhaxheri.

Sempre suo dunque il profilo che emerge, così come per quanto riguarda gli arresti della scorsa settimana, con collegamenti tra “il macellaio” Lavdrim, la cellula kosovara di Visar Ibishi e Flamur Gasi da una parte e quella albanese che comprende Xhezair Fishti (che altalenava la propria presenza tra Albania e Kosovo e che pare fosse anch’egli in contatto con Muhaxheri), Ergys Fasilia, Bekim Protopapa e Medat Hasani, dall’altra. I media albanesi mettevano poi in luce come questi ultimi tre fossero anche regolari frequentatori della moschea Unazes Re, dove predicava Genci Balla e chiaramente in contatto con la sua network. La medesima che aveva provveduto ad agevolare la partenza per la Siria di Maria Giulia Sergio, il marito Aldo Kobuzi e la madre Donika, come emergeva anche da un’intercettazione telefonica del cognato di Aldo, Mariglen Dervishllari, poi deceduto in Siria. Tutto ciò mette in luce plausibili collegamenti non soltanto tra Lavdrim Muhaxheri, ritenuto oramai il leader dei jihadisti balcanici dell’Isis e la rete albanese dei Balla-Hysa, ma anche legami con soggetti che hanno a che fare con il nostro Paese. E’ possibile inoltre ritenere che Muhaxheri sia ora il comandante delle operazioni, sia in Medio Oriente che nei Balcani, per quanto riguarda appunto il filone balcanico in Albania, Kosovo e Macedonia? Se l’ordine di perpetrare l’attentato durante il match Albania-Israele è realmente partito da Muhaxheri, allora la risposta potrebbe anche essere affermativa. Emerge però un’ulteriore domanda e cioè, per quale motivo Muhaxheri dovrebbe mettere scatenare un attacco di tali proporzioni in suolo albanese, in piena area balcanica, mettendo così a repentaglio quella che, secondo alcuni analisti, è un’area di vitale importanza per i flussi finanziari, logistici e per la radicalizzazione e l’arruolamento di volontari? Se l’attentato fosse andato a segno, la reputazione di Lavdrim Muhaxheri sarebbe andata senza dubbio alle stelle, se non altro per la tipologia di bersaglio: la squadra israeliana ospite in un Paese guidato da “kuffar”, secondo la ben nota retorica jihadista.

Il “macellaio” di Kacanik avrebbe potuto salire ulteriormente di rango nella galassia jihadista, ma con evidenti ripercussioni negative per quanto riguarda il funzionamento della rete, del “canale” jihadista nei Balcani meridionali, visto che l’attentato avrebbe probabilmente scatenato operazioni e contromisure che avrebbero pesantemente indebolito la network balcanica. Ci troviamo dunque di fronte a un “conflitto di interessi”? Difficile dirlo al momento, ma vale la pena rifletterci.

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