I medici "eroi" lasciati soli. Così soffoca la solidarietà

Non è facile distinguerla tra i dati del bollettino quotidiano sul Coronavirus. Eppure c'è una curva che negli ultimi mesi tende pericolosamente verso il basso

Medici in corsia contro il Covid (La Presse)
Medici in corsia contro il Covid (La Presse)
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Non è facile distinguerla tra i dati del bollettino quotidiano sul Coronavirus. Eppure c'è una curva che negli ultimi mesi tende pericolosamente verso il basso. Trasferiamo su un piano cartesiano la reazione degli italiani alla seconda ondata: sull'asse delle ascisse abbiamo il tempo che trascorre verso un lungo inverno di sacrifici; sull'asse delle ordinate la disponibilità degli italiani a sostenere il prossimo, anche mettendo mano al portafoglio. Ecco, allora si può dedurre che la solidarietà nazionale stia attraversando una parentesi di decrescita infelice. Testimoniano i medici e gli operatori sanitari chiamati a fronteggiare di nuovo l'assalto del Covid: «Siamo rimasti soli contro il mostro». Stavolta con la netta sensazione di non avere più alle spalle un salvagente collettivo, pronto a sopperire ai ritardi e ai fallimenti dello Stato. I privati ora si defilano: vengono a mancare quelle donazioni che nella prima fase dell'epidemia sono servite a tenere in piedi tutto il sistema.

Il (buon)cuore di una nazione ha come smesso, per un momento, di battere. Un'aritmia della generosità che spinge a farsi qualche domanda. Certamente è una conseguenza di quanto ha sottolineato il governatore veneto Luca Zaia: «Si è perso lo spirito della sfida comune. Sul fronte ospedaliero stiamo tenendo. È sul piano sociale che la situazione mi preoccupa. Siamo passati dal noi all'io...». I numeri restituiscono le proporzioni del fenomeno. A metà giugno gli italiani avevano già superato un miliardo di euro in donazioni tra raccolte fondi, crowdfunding, beneficenza, elargizioni da parte di fondazioni, Ong e altri soggetti (indagine ConsumerLab). Circa la metà di questa somma è andata direttamente alla Protezione civile e agli ospedali. A settembre, subito dopo le vacanze estive, le associazioni di volontariato delle grandi città facevano registrare un boom di adesioni. Poi è arrivato l'autunno, la paura dei contagi di ritorno, e in tanti hanno ritratto la mano tesa in precedenza.

Se oggi il piatto piange non basta stupirsi. Bisogna semmai ricordarsi di chi in primavera ha sparso veleno su coloro che hanno contribuito in prima persona, ad esempio rendendo possibile la realizzazione dell'ospedale in Fiera di Milano (con i lettori del Giornale in prima linea) o rispondendo all'iniziativa di Fedez e Chiara Ferragni a favore del nuovo reparto di terapia intensiva al San Raffaele. «È inutile», «che spreco», «soldi buttati», «si muovano le Procure», sparavano gufi e avvoltoi. Né gli uni, né gli altri hanno mai chiesto scusa. Al coro dei disfattisti per convenienza politica continuano ad aggiungersi i negazionisti, i «minimizzatori», quelli che vedono le sale dei pronto soccorso deserte...

Abbiamo un solo modo per dimostrare di stare

dalla parte giusta, cioè vicino a chi chiede aiuto proprio come otto mesi fa. E per non ritrovarci alla fine dell'incubo con il rimpianto peggiore: «Ogni uomo è colpevole di tutto il bene che non ha fatto», ammoniva Voltaire.

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