Ilaria Cucchi: "Al Viminale se Salvini chiederà scusa"

La sorella di Stefano Cucchi: "Il giorno in cui il ministro dell'Interno chiederà scusa a me, alla mia famiglia e a Stefano allora potrò pensare di andare al Viminale, prima di allora non credo proprio"

Ilaria Cucchi: "Al Viminale se Salvini chiederà scusa"

Prosegue l'eterno scontro tra Matteo Salvini e Ilaria Cucchi, sorella di Stefano. All'indomani della svolta nel processo, in cui un carabiniere ha confessato il pestaggio da parte di due colleghi, la sorella risponde al ministro, che l'aveva invitata al Viminale: "Il giorno in cui il ministro dell'Interno chiederà scusa a me, alla mia famiglia e a Stefano allora potrò pensare di andare al Viminale, prima di allora non credo proprio".

Proseguendo l'intervista, Cucchi ha raccontato cosa ha provato quando ha dovuto ascoltare il racconto del pestaggio: "Avevo voglia di piangere. Ho letto quelle parole, nero su bianco, la brutalità, la cattiveria che è stata fatta a mio fratello che ha dovuto subire… quel corpo inerme, quella fragilità. Tante volte in questi anni si è parlato, strumentalizzandola, della magrezza di mio fratello, ecco, quei due corpi che si sono avventati sopra mio fratello che era arrestato, indifeso, che non poteva fare del male a nessuno, la brutalità, la cattiveria, il disinteresse, il pregiudizio nel quale poi Stefano nei giorni successivi, sei giorni ricordo - un lasso di tempo brevissimo - è stato lasciato morire. Tutto questo si fa fatica ad accettarlo, da sorella di Stefano e da cittadina, siamo in un momento terribile per la nostra società, per il nostro Paese, nel quale si sta facendo passare in qualche maniera il concetto che i diritti umani sono sacrificabili in nome di presunti interessi superiori. Credo che mio fratello sia un esempio di questo".

La Cucchi ha poi detto: "Una cosa che non tutti sanno è che mio fratello in quei sei giorni in cui moriva da solo come un cane in realtà non era da solo, perché poi li abbiamo contati durante il processo, lui è stato visto, è entrato in contatto con qualcosa come 140 o 150 pubblici ufficiali, non cittadini comuni, che hanno avuto in qualche modo, a vario titolo, a che fare con lui e che hanno visto man mano il degenerare di quelle condizioni fisiche che lo hanno portato alla morte. Mio fratello stava malissimo, lo sentiamo nell'audio dell'udienza di convalida dell'arresto che si lamenta perché non può parlare tanto bene.

Nessuna di quelle persone è stata capace di guardare oltre il pregiudizio e di vedere oltre quel detenuto un essere umano che stava male e che stava morendo, perché se lo avessero fatto ora non esisterebbe nessun 'caso Cucchi'".

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