Inferno sanità: 89enne "parcheggiata" per cinque giorni su una barella

Una donna di 89 anni "parcheggiata" per cinque giorni su una barella del pronto soccorso del San Camillo in attesa di un posto letto. Lo sfogo della figlia

Inferno sanità: 89enne "parcheggiata" per cinque giorni su una barella

La signora Rossana Molinari ha 89 anni. Attraverso quegli occhi color cielo è passato quasi un secolo di storia. La bombe sulla città, l’arrivo degli americani, la croce sulla scheda (la prima per le donne) e la Prima Repubblica, poi la Seconda. Ne ha viste tante insomma. Ma non tutte. Perché alla sua veneranda età, ancora non era incappata nell’inferno del sistema sanitario laziale. Un’esperienza nuova per lei, che il medico lo ha visto una manciata di volte. Due in tutto. In occasione del primo e del secondo parto. Stop. Fino a venerdì scorso. Quando è caduta a terra, poi la preoccupazione della famiglia e l’arrivo rocambolesco al Pronto Soccorso dell’Ospedale San Camillo di Roma. Un imbuto infernale nel quale rimane bloccata per ben cinque giorni (guarda il video).

“Mia madre – racconta Alessandra Esposito al Giornale.it – è entrata in ospedale alle 9:00 di venerdì scorso, le hanno dato un codice verde e ci hanno detto che avrebbero effettuato gli esami del caso”. Passano ore ed ore. A mezzogiorno Alessandra ancora non sa nulla. È preoccupata. Domanda al personale sanitario se, nel frattempo, vista la calura qualcuno ha provveduto a fare a sua madre almeno un flebo. “No”, si sente rispondere. Protesta, insiste, promette battaglia. E, alla fine, ottiene almeno quello. Passano altre ore. Adesso sono le 18:30. Finalmente è stata eseguita la tac. La diagnosi? La signora Molinari ha avuto un “infarto cerebellare”. Non cerebrale eh? Ma cerebellare, ovvero al cervelletto. Una specie di ictus ha colpito la parte posteriore del cervello compromettendo il sistema nervoso. Una cosa rara, ma non una sciocchezza. Eppure il codice rimane verde.

Ma non solo. La donna viene “parcheggiata” in uno stanzone. Giace su una barella, schiacciata contro un muro. Attorno a lei, altri, nella stessa situazione. “Mi sono detta che forse era normale – ragiona Alessandra – ed in fondo non era passato nemmeno un giorno, poi con i tagli alla sanità, ho creduto che l’avrebbero sistemata di lì a poco”. Ed invece passano cinque giorni. Dopo 48 ore la prima beffa. La donna viene spostata, sì. Non in reparto, bensì in un’altra stanza, adiacente alla precedente. “Dal grande al piccolo girone dantesco”, commenta la figlia. È ancora su quella barella, in due giorni non si è mai potuta alzare, nemmeno per andare in bagno. I sanitari le hanno infilato un pannolone e via. Non ha un cuscino, glielo porteranno da casa i paranti. Né un comodino, l’ospedale le ha fornito un secchio avvolto in una traversa assorbente. “Ecco il comodino”, dicono. E poi si è potuta cambiare solo quando, mossa a compassione, un’infermiera le ha fornito un paravento. Isolandola così dagli sguardi delle tante altre “anime dannate” del San Camillo.

Alessandra non ci sta. È troppo. Ricomincia ad insistere, cerca di ottenere risposte dal personale ospedaliero: “Non ci sono posti letto”, si sente rispondere. Bisogna avere pazienza. Ma è finita. La donna decide di lanciare un appello disperato, tramite il suo profilo Facebook. Inizia a digitare: “Solo Riina ha diritto ad un ricovero dignitoso?”. Ed ancora: “Mia madre con infarto cerebellare sono 5 giorni che è ricoverata in Pronto Soccorso al San Camillo su una barella. Oggi chiamo i giornali ed i carabinieri!”. Clik, condivide. Dopo di lei in molti rilanciano quel messaggio. Entra in gioco la politica, con il consigliere regionale Fabrizio Santori che chiede “l’intervento del ministero della Salute”. Poi arrivano i giornali e i carabinieri. “Mancava solo l’Esercito”, ironizza il marito della Esposito.

“Non scrivo mai post pubblici – spiega Alessandra – ma quella mattina mi è preso un raptus. Ho pensato che ci siamo tanto preoccupati della morte dignitosa di Totò Riina. Lui ha ammazzato gente, sciolto un bambino nell’acido, fatto le cose peggiori. Poi ci sono i nostri vecchietti, perché non si tratta solo di mia madre.

È pieno di anziani nelle sue stesse condizioni, chi si preoccupa della loro dignità?”. Lo sfogo è servito. Finalmente la signora Molinari viene trasferita nel reparto di Medicina d’urgenza, adesso può ricominciare a guardare al di là della finestra la vita che scorre.

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