Enrico Mentana parla delle intercettazioni telefoniche usate nelle inchieste che spesso, senza filtri, finiscono sui giornali. Intercettazioni che di fatto non hanno quasi mai rilevanza penale. E così intervenendo al convegno ''Giustizia penale e informazione giudiziaria'', organizzato dall'Università di Firenze nell'aula magna del Rettorato, Mentana ha immediatamente messo nel mirino l'uso che è stato fatto delle intecettazioni riguardo ai casi giudiziari che hanno riguardato Silvio Berlusconi: "Di intercettazioni ne parliamo 'a babbo morto', ma 'babbo' non è morto, tra l'altro forse vincerà le elezioni… Ne parliamo dopo il lungo periodo in cui è stato fatto, tutti concordi, uno scempio: telefonate sessuali personali che non c'entravano niente con nessun reato possibile e immaginabile, è stato passato tutto in gloria; è ancora tutto rintracciabile sul web; tutti gaudiosamente ne abbiamo fatto parte, ma lì il reato chi l'ha commesso, l'infrazione chi l'ha commessa? Tutti, pro quota". Infine il direttore di Tg La7 ha parlato anche di chi "passa" le intercettazioni ai giornalisti: "Gli atti vengono dati ai giornalisti da chi ha interesse a darli, che poi sono i pubblici ministeri, i difensori, chi svolge ruolo di polizia giudiziaria.
Tutte queste figure passano le carte ai giornalisti perché hanno interesse diretto o indiretto, buoni rapporti, fatti personali: quello che è non importa ma il giornalista è il terminale di un eventuale commissione di infrazione". La chiusra è un'amara verità: "Non ho mai visto un giornalista rubare degli atti, questo deve essere chiaro a tutti".
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