"L'abbiamo uccisa noi": figlia e genero confessano l'omicidio di Laura Ziliani

Una delle due figlie di Laura Ziliani, la vigilesse uccisa a Temù, ha confessato l'omicidio. Il fidanzato aveva già ammesso l'omicidio

"L'abbiamo uccisa noi": figlia e genero confessano l'omicidio di Laura Ziliani

Silvia Zani, una delle due figlie di Laura Ziliani, l'ex vigilessa di Temù scomparsa l'8 maggio scorso e ritrovata morta tre mesi dopo in un bosco non lontano da casa sua, in Valcamonica, ha ammesso l'omicidio della madre. Nei giorni scorsi aveva confessato anche il fidanzato, Mirto Milani. Ora è in corso l'interrogatorio di Paola Zani, la minore delle due sorelle. Tutti e tre gli indagati sono in carcere dallo scorso 24 settembre con l'ipotesi di reato per omicidio (con l'aggravante della premeditazione) e occultamento di cadavere.

La confessione

Stando a quanto riporta il giornaledibrescia.it Silvia Zani, 28 anni, ha ammesso l'omicidio ieri sera, nel corso dell'interrogatorio in carcere. Sebbene non siano ancora noti i dettagli della confessione, pare sia stato confermato il movente economico. Il "trio diabolico" - così come viene identificato agli atti del fascicolo di inchiesta - avrebbe agito in modo da accaparrarsi il "tesoretto" della vittima. Nello specifico, come ben precisa Repubblica.it, Laura Ziliani aveva chiesto alle figlie di investire i 40mila euro ricevuti come eredità dal padre per la ristrutturazione di alcuni appartamenti che aveva dato in affitto. La madre della vigilessa ha confermato agli inquirenti che la figlia fosse preoccupata per le continue intromissioni di Mirto Milani nella gestione del piccolo patrimonio immobiliare.

Il quadro accusatorio

Secondo la ricostruzione della procura i tre indagati - le due figlie della vittima e il fidanzato della maggiore - avrebbero agito in concorso e con l'aggravante della premeditazione. Laura sarebbe stata uccisa tra il 7 e l'8 maggio nella stanza al piano inferiore della sua abitazione di Temù. Successivamente il corpo sarebbe stato trasportato e sotterrato in un argine dell'Oglio. Due mesi dopo, l'8 agosto, una piena del fiume ha restituito il cadavere.

Secondo la relazione medico-legale stilata dal professor Andrea Verzelletti, perito incaricato dalla procura bresciana, la vigilessa sarebbe morta per "asfissia meccanica", verosimilmente soffocata con un cuscino e dopo essere stata stordita con le benzodiazepine. Gli indagati, reclusi in carcere dallo scorso 24 settembre, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere anche dopo la chiusura delle indagini.

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