Lavaggio del cervello e torture. Così manipolavano i bambini

Durante le terapie, gli psicologi avrebbero convinto i bambini a confessare abusi in modo tale da sottrarli alle loro famiglie d'origine e affidarli in maniera illecita ad amici e conoscenti

Lavaggio del cervello e torture. Così manipolavano i bambini

Avrebbero affidato in maniera illecita bambini ad amici e conoscenti grazie a un vero e proprio sistema ben collaudato. Un sistema che spesso si giocava sulla pelle di bimbi costretti a raccontare bugie sulle loro famiglie di origine pur di compiacere gli psicologi che erano parte di questo meccanismo. Sono questi i nuovi dettagli che emergono dalle carte riguardanti l’inchiesta Angeli e demoni.

I documenti visionati da ilGiornale.it parlano chiaro. Gli psicologi sarebbero addirittura ricorsi a vere e proprie torture psicologiche per influenzare la mente dei più piccoli e inculcare nella loro testa convinzioni inesistenti.

Tutto inizia con una segnalazione ai servizi sociali e il successivo percorso di terapia curato dagli psicologi. Sarebbero stati proprio loro a spingere i bambini a confessare abusi e violenze che in realtà non avrebbero mai subito.

Un sistema macchinoso e ben collaudato. Studiato nei particolari. Durante le sedute, i medici seguivano sempre lo stesso schema. Tempestavano i bambini di domande poste in modo, in modo tale da suggerire loro la risposta. Dai semplici racconti di vita quotidiana dei piccoli pazienti, le psicologhe cercavano collegamenti ingiustificati in grado di collegare il comportamento del minore ad abusi e violenze subite nei primi anni di vita. Abusi e violenze spesso inesistenti. Dopodiché cercavano di convincere il piccolo che fosse andata realmente così. Secondo la versione suggerita dagli psicologi stessi. Una versione fantasiosa, da libro degli orrori in cui venivano utilizzate frasi come: "Fammi indovinare…tu facevi male al gattino come qualcuno ha fatto male a te da piccola? E questo qualcuno è il tuo papà?". Talvolta i medici asserivano pure che a raccontarlo a loro fosse stato proprio il bambino in incontri precedenti.

Con questo modus operandi portavano avanti l’intero colloquio. Poi, quando il bambino iniziava ad autoconvincersi dei falsi ricordi suggeriti dalla psicologa, era il momento di lavorare sulla confessione. Il piccolo doveva riuscire a dire il falso anche durante il colloquio con il giudice, ultima fase del processo per l’affido. Un lavoro di auto convincimento, un danno irreparabile per le piccole vittime finite nella rete dei carnefici. Le psicologhe si rivolgevano spesso al minore fingendo di tranquilizzarlo: "Non c’è niente di male se dici che non volevi più vedere il tuo papà perchè avevi paura che ti facesse del male…". E così via. Poi, per falsificare in maniera più credibile le relazioni degli incontri e convincere i giudici del tribunale dei minori che fosse necessario allontanare il bambino dalla propria famiglia, alteravano i disegni fatti dai bambini. Arrivavano ad aggiungere perfino “connotazioni sessuali”.

Nella stanza delle torture psicologiche venivano fatti anche giochi di ruolo. Gli psicologi si travestivano da personaggi “cattivi” delle fiabe, mettevano paura ai bimbi, e poi accostavano quella figura ai genitori naturali. Lo scopo? Far credere loro che il papà fosse il lupo cattivo, pronto a far loro del male. E come se non bastasse durante la perquisizione dei carabinieri a “La Cura” è stata trovata un specie di macchinetta che veniva utilizzata per suggestionare la mente dei bambini e convincerli ancora a tirare fuori ricordi di abusi e violenze mai esistiti. In che modo? La cosidetta “macchinetta dei ricordi”. Una macchina infernale fatta di elettrodi che venivano attaccati alle mani o ai piedi dei bambini e mandavano impulsi elettromagnetici. “Cerchiamo di scoprirlo insieme…io non so cosa c’è in quello scatolone…che è un po’ là, in cantina” dicevano le psicologhe ai bambini. E così li convincevano che attraverso quel meccanismo avrebbero sostituito ai brutti ricordi sensazioni molto più belle. Sensazioni che li avrebbero fatti sentire meglio. Seppur il collegamento degli elettrodi al piccolo corpo dei bambini non provocasse nessun dolore, e non producesse effetti collaterali, per legge non poteva assolutamente essere utilizzato in quanto si tratta di uno strumento illegale in Italia e che viene utilizzato a scopo terapeutico solo in America.

Il marchingegno non è l’unica prova materiale che testimonia l’orrore che si nasconde dietro tutta questa storia.

I servizi sociali omettevano di proposito di consegnare ai bimbi le lettere e i regali che i loro genitori, preoccupati, mandavano quotidianamente. Tutti questi oggetti sono stati ritrovati dai carabinieri in un magazzino, dove venivano accatastati uno sull’altro e abbandonati lontano dagli occhi dei bambini. Dimenticati, per loro.

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