Cittadina portuale dell’agrigentino, al centro del percorso tra Agrigento e Gela e per questo crocevia importante a livello commerciale della Sicilia meridionale, Licata affianca ad un territorio di notevole bellezza paesaggistica un tessuto sociale particolare, spesso vero e proprio laboratorio per capire le dinamiche dell’isola.
Non mancano qui giovani che provano a rimanere grazie ad un turismo che inizia ad affacciarsi seppur timidamente, così come non mancano nella storia recente esempi di grande dinamismo culturale, come dimostra il fatto che Licata ha dato i natali a Rosa Balistreri, cantautrice in grado di incarnare il percorso di emancipazione della donna siciliana. Negli anni ’80 il nome di Licata sale anche agli onori della cronaca calcistica, essendo la squadra locale riuscita per due anni a stare in Serie B. Ma al fianco di tutto questo, vi sono anche meandri della società licatese non ancora uscite da determinate logiche comportamentali.
Solo nell’ultimo mese sono ben tre le operazioni antimafia portate avanti dai Carabinieri, in tutte si evince un radicamento di cosa nostra che di certo non sorprende ma che induce a non poche riflessioni. L’ultimo blitz è di questa notte e gli uomini dell’Arma scelgono il nome “Halycon” per distinguerlo dai due precedenti degli ultimi 30 giorni, i quali invece vengono nominati “Assedio”.
L’operazione manda in galera sette soggetti, tra questi emergono le figure di alcuni capimafia locali, ma anche in insospettabili funzionari vicini a cosa nostra grazie alla vicinanza tra l’organizzazione criminale e la massoneria. Ed è questo uno degli aspetti più interessanti non solo del blitz dei Carabinieri, ma anche della struttura che gestisce gli affari illeciti nel territorio licatese e non solo.
Non a caso perno dell’operazione sono soprattutto due personaggi: Vito Lauria, figlio del capomafia Giovanni, e Lucio Lutri. Quest’ultimo è un funzionario della regione, ma al tempo stesso risulta in passato anche “maestro venerabile” della loggia “Pensiero ed azione”, affiliata al Goi, il Grande Oriente d’Italia. Un massone che mette a disposizione di cosa nostra la sua loggia, a cui appartiene lo stesso Vito Lauria. Un perfetto intreccio dunque tra mafia e massoneria, con il figlio del locale boss che fa da perno in questa non tanto inedita unione tra cosche e logge.
Ed andando a leggere le carte dei Carabinieri, si nota come i comuni interessi abbiano a che fare con alcuni degli aspetti recenti più importanti che riguardano il territorio di Licata. Il comune infatti, è noto per essere tra i primi ad aver avviato una campagna di demolizioni delle case abusive, circostanza questa che crea tra il 2015 ed il 2017 un clima politico molto avvelenato. Proteste, ma anche minacce all’allora sindaco Angelo Cambiano, attentati intimidatori ed un contesto molto pesante vissuto all’interno della cittadina.
Si scopre che proprio le demolizioni fanno gola alla mafia, in quanto gli appalti lanciati per eseguire i lavori volti a radere al suolo le costruzioni abusive rappresentano forse alcune delle ultime occasioni per far soldi in un territorio economicamente ridotto ai minimi termini. Giovanni Lauria, detto “il professore”, in tal senso svolge un ruolo importante. Da capomafia stringe alleanze con una costola catanese di cosa nostra, in particolare quella di Caltagirone guidata da Salvatore Seminara, ed assieme provano ad inquinare gli appalti per le demolizioni.
Così come, la consorteria mafiosa tenta di infiltrarsi nella costruzione di un grande resort turistico progettato a Licata. Anche Giovanni Lauria risulta ovviamente finiti in carcere. Assieme a loro ed ai sopra citati Vito Lauria e Lucio Lutri, le manette scattano per Angelo Lauria, Giacomo Casa, Raimondo Semprevivo e Giovanni Mugnos.
Un’operazione, quella portata avanti dai Carabinieri, che mostra come ancora adesso il territorio licatese risulti influenzato dalla presenza di cosa nostra e di come quest’ultima riesca a sua volta a mantenere un certo radicamento. Anche grazie ai rapporti con altri gruppi e con la massoneria.
Per tal motivo l’operazione di questa notte, eseguita dai carabinieri del Ros su delega della Dda di Palermo e con il coordinamento del procuratore Francesco Lo Voi, dell’aggiunto Paolo Guido e dei sostituti Claudio Camilleri, Geri Ferrara e Alessia Sinatra, non ha risvolti solo giuridici bensì anche sociali.
La Licata di oggi, così come buona parte di questo angolo di Sicilia, non smette
mai di oscillare costantemente tra riscatto e povertà, tra voglia di andare avanti ed uno stato di necessità che mette nelle condizioni la criminalità di ogni tipo di prosperare e di provare a condizionare tutti gli affari.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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