Sta per tonare in Italia il piccolo Alvin Berisha, il ragazzino di origine albanese ma nato in Italia rapito dalla mamma divenuta nel frattempo combattente dell’Isis.
Una storia a lieto fine, a differenza purtroppo di tante altre, che però ha avuto nel corso del tempo delle situazioni di forte difficoltà. Alvin è un ragazzino di appena 11 anni, residente con la sua famiglia a Barzago, in provincia di Lecco.
Un’esistenza a prima vista normale, con il bambini che andava a scuola e frequentava i suoi coetanei. Poi è sopraggiunta la scure dell’ideologia jihadista, con la madre radicalizzata che lo ha strappato dal suo ambiente per portarlo con sé in Siria.
Qui ha vissuto per anni in una località occupata dallo Stato Islamico: la madre è diventata combattente dell’Isis e fa perdere le tracce del piccolo in Italia.
Una storia terribile, che è iniziata cinque anni fa: era infatti il 2014 quando Alvin è stato strappato dagli affetti a lui più cari e dall’ambiente in cui stava crescendo per essere portato nell’inferno della Siria in guerra, nel cuore di quello Stato Islamico che in quel periodo era in forte ascesa ed iniziava ad occupare un vasto territorio tra Siria ed Iraq.
Ciò che oggi si sa, è che la madre è morta in battaglia e lui è rimasto da solo. Nel frattempo in Italia il padre, Afrim Berisha, ha iniziato le ricerche. Trovare suo figlio in mezzo al marasma siriano appariva molto difficile all’inizio: nulla si sapeva sulla località, sulle sue stesse sorti e su cosa poteva essergli successo.
Il padre però è stato aiutato anche da molte associazioni italiane, anche perché nel piccolo paese lombardo in tanti si erano affezionati al piccolo Alvin e nessuno ha rinunciato alla speranza di vederlo tornare a casa.
Poi la scoperta: il ragazzino è stato rintracciato vivo ma all’interno di un altro inferno, quello del campo di Al Hol, nel nord della Siria.
Quando è avvenuta la scoperta l’Isis nel paese mediorientale stava già per capitolare e le forze Sdf hanno inizia a portare prigionieri, donne e bambini in diversi campi da loro gestiti. Quello di Al Hol è tra i più grandi: qui vengono ammassati non solo gli ex combattenti, ma anche le mogli ed i figli, oppure le vedove degli ex soldati dei califfati e gli orfani.
Un inferno nell’inferno, con molti minorenni finiti in un vero e proprio limbo: alcuni sono bambini nati a seguito di abusi, respinti anche dalle madri, altri sono figli di foreign fighters che nessuno vuole più indietro, nemmeno i paesi europei di origine.
In mezzo alla giungla selvaggia di tende e baracche, Alvin ha vissuto gli ultimi anni. Ma adesso, come ha confermato l’agenzia albanese Dosja, per il bambino l’incubo sta per finire: liberato da Al Hol, grazie ad un corridoio umanitario gestito da Croce Rossa e Mezzaluna Rossa Alvin nelle scorse ore è stato trasferito presso il confine libanese.
Da qui, andrà poi a Beirut da dove forse già in questo giovedì si imbarcherà per
Roma. E finalmente il bambino potrà rivedere casa. Una storia a lieto fine, che fa ricordare come tanti altri bambini però rimangono ancora oggi prigionieri incolpevoli del proprio destino nei campi del nord della Siria.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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