Putin fa stragi nelle case degli ucraini, i terroristi islamici fanno strage in casa di Putin, l'uno e gli altri minacciano di fare stragi in Europa (Putin addirittura di lanciarci in testa una bomba atomica). Mi sembra ce ne sia a sufficienza per essere preoccupati. A parole lo siamo, ma evidentemente non abbastanza per passare dalle parole ai fatti.
I grandi d'Europa tentennano, rinviano decisioni cruciali a tempi migliori perché fra tre mesi ci saranno le elezioni e in questo momento nessuno vuole dire chiaramente all'opinione pubblica che la ricerca della pace non può che passare da un aumento delle spese militari. Non per invadere qualcuno, ma per sconsigliare chiunque pensi di farsi venire strane idee nei nostri confronti. «Si vis pacem, para bellum», «se vuoi la pace, prepara la guerra» dice una famosa locuzione latina coniata nel IV secolo e purtroppo snobbata nel 1938, quando un tentennare analogo dei Paesi europei alla Conferenza di Monaco spianò la strada alla Germania di Hitler e alla sua follia egemonica.
So bene che, al solo pronunciarla, la parola «armi» mette paura, ma deve farlo esclusivamente se non affiancata alla parola «libertà». Cioè, armi non per togliere la libertà (...)
(...) a qualcuno, ma per difendere quella che abbiamo faticosamente conquistato ottant'anni fa, non a caso in armi. Siamo ormai talmente assuefatti alla libertà che stiamo scordando che non è né gratis né scontata, ma ha un costo. Così come sarebbe da stupidi pensare di poter fare a meno delle forze di polizia nella lotta alla criminalità, altrettanto vale per difendersi dalle velleità di dittatori e terroristi: bisogna mettere sul piatto tanti soldi, perché servono uomini preparati e ben equipaggiati, c'è bisogno di sofisticate tecnologie per monitorare e sventare le minacce, vanno sostenuti e potenziati i servizi segreti interni ed esterni. Questo è quello che dovrebbe fare un Paese che ama la pace e la libertà, non si può pensare di fermare a parole né Putin né l'Isis. E, a maggior ragione, questo dovrebbe essere il tema centrale dell'agenda europea, ben più della transizione ecologica o della regolamentazione dei prodotti alimentari.
Prendiamo atto che così
non è, che un pacifismo vuoto e retorico ci sta portando lentamente a perdere una guerra quantomeno di civiltà che avremmo potuto facilmente vincere, se solo non ci fossimo persi nell'utopia di poter vivere senza radici.
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