Tempi duri per chi non vorrà ricevere il vaccino anti-Covid, si rischia il licenziamento dal proprio posto di lavoro. Parola di Raffaele Guariniello, magistrato e giurista italiano che ha dedicato la sua carrierra alla tutela della salute.
"Tutelare la salute significa vaccinare il maggior numero possibile di persone", afferma il magistrato in un'intervista rilasciata al Fattoquotidiano sottolineando che non si tratta di "un'indicazione 'morale', è ciò che prevede la legge". Pertanto, il mancato rispetto di un obbligo prevede sanzioni, anche molto serie, come il licenziamento. Per chi non lo sapesse, il principio per cui nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario se non per disposizione di legge è previsto dalla Costituzione.
Cosa dice la legge
Ma qual è questa norma che lo prevede? "Il discorso è un po' articolato, ne ho scritto sul prossimo numero di Diritto & Pratica del Lavoro e riguarda il Testo Unico della Sicurezza sul Lavoro", afferma Guariniello che, in particolare, cita l'articolo 279 che impone al datore di lavoro di mettere a disposizione "vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all'agente biologico, da somministrare a cura del medico competente".
Come stabilito da due decreti legge che hanno recepito una direttiva europea, il Covid-19 rientra nella categoria degli "agenti biologici" ed è compreso nel gruppo dei più insidiosi. Quindi, secondo queste norme, dal momento che sarà disponibilie per tutti un vaccino anti-Covid (l'agente biologico), il datore di lavoro è tenuto ad adeguarsi e mettere "a disposizione" vaccini efficaci. I numeri sono mostruosi perché si parla di milioni e milioni di persone, dipendenti (e non) privati e pubblici. La legge, però, dice "mettere a disposizione", di fatto non obbliga nessuno a vaccinarsi. "Vero, ma la stessa norma impone al datore di lavoro 'l'allontanamento temporaneo del lavoratore' in caso di inidoneità alla mansione su indicazione del medico competente", sottolinea Guariniello.
Il ruolo dei medici
Un altro punto complesso ed interessante riguarda il medico, al quale toccherebbe l'ingrato compito di giudicare non idoneo qualcuno se il datore di lavoro, proprio su parere del medico competente, ha messo a disposizione il vaccino poi rifiutato dal lavoratore: in questo modo, la sorveglianza sanitaria rischia di danneggiare i lavoratori. "No, anzi, al contrario. La sorveglianza sanitaria non serve solo a tutelare il singolo lavoratore, ma anche tutti gli altri. La Corte Costituzionale lo ha ribadito più volte: la tutela della salute è un diritto dell'individuo e un interesse della collettività", incalza Guariniello.
Allontanamento dal posto di lavoro
Rimane il fatto che nessuno ha ancora obbligato il lavoratore "ribelle" a vaccinarsi. "La legge prevede l'obbligo di allontanare il lavoratore e di adibirlo ad altra mansione, ma solo 'ove possibile'. La Cassazione ritiene che tale obbligo di repechage (ripescaggio) non può ritenersi violato quando la ricollocazione del lavoratore in azienda non è compatibile con l'assetto organizzativo stabilito dall'azienda stessa". In pratica, il datore di lavoro è obbligato a predisporre misure organizzative per tutelare il lavoro ma, se non sarà possibile, si rischia la rescissione del rapporto di lavoro.
Cosa dice lo stato di emergenza
L'ultima soluzione sarebbe, quindi, il licenziamento? In teoria, ma in pratica no. "Lo stato di emergenza non consente i licenziamenti, il lavoratore fragile ha diritto allo smart working.
Ma in futuro il problema potrebbe presentarsi", afferma il magistrato, perché "qualcuno potrebbe lamentare la violazione della libertà personale di non sottoporsi al vaccino ma per avere ragione dovrebbe prima cambiare la legge".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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