Cresce il numero degli italiani che se ne vanno in cerca di fortuna. Nel 2015 sono 107.529 i connazionali espatriati. Rispetto al 2014 si sono iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) 6.232 persone in più, con un incremento del 6,2%. Come rileva il rapporto "Italiani nel mondo 2016", presentato a Roma dalla Fondazione Migrantes, a fare le valige sono soprattutto i giovani tra i 18 e i 34 anni (36,7%). Il nostro Paese, come si evince dal rapporto, soffre soprattutto di una forte emorragia di talenti: sono proprio i giovani migliori e più preparati ad andarsene di più, con l'Italia che non riesce ad attrarne di nuovi. "La mobilità è una risorsa - sottolinea il rapporto - ma diventa dannosa se è a senso unico, quando cioè è una emorragia di talento e competenza da un unico posto e non è corrisposta da una forza di attrazione che spinge al rientro".
È ormai un fatto che gli italiani, giovani e meno giovani, oggi guardano sempre più all’estero per soddisfare i propri desideri lavorativi, in particolare all’Europa. Molti iniziano a conoscere le opportunità che il mercato del lavoro internazionale offre già durante gli anni della laurea, mentre altri decidono di emigrare dopo essersi formati completamente in Italia, sia perché non trovano offerte di lavoro che possano soddisfare le loro aspettative, sia perché convinti che un periodo di studio e/o lavoro all’estero possa migliorare la loro situazione.
Ma chi sono questi giovani? Definiti "Millennials", hanno un’età compresa tra i 18 e i 32 anni, sono una generazione istruita, che possiede titoli di studio post-laurea, ha partecipato a programmi di studio per scambi internazionali (ad esempio Erasmus). Al contempo, però, "sono una generazione penalizzata dal punto di vista delle possibilità lavorative, sono i più esposti alla disoccupazione e vedono l’emigrazione non come una fuga ma come un mezzo per soddisfare ambizioni e nutrire curiosità". Il rapporto Migrantes cita infine i dati di uno studio dell’Istituto Toniolo, secondo cui i Millennials "sono la prima generazione nella quale la scelta non è tanto se partire ma se restare".
Quasi 5 milioni di italiani vivono all'estero
Al primo gennaio 2016 gli iscritti all'Aire, cioè all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero, sono 4.811.163, il 7,9% dei 60.665.551 residenti in Italia. La differenza, rispetto al 2014, è di 174.516 unità, con una variazione nell'ultimo anno del 3,7%. Oltre la metà dei cittadini italiani che vive all'estero (+2,5 milioni) risiede in Europa (53,8%) mentre oltre 1,9 milioni vive in America (40,6%) soprattutto in quella centro-meridionale (32,5%). In valore assoluto, le variazioni più consistenti si registrano, rispettivamente, in Argentina (+28.982), in Brasile (+20.427), nel Regno Unito (+18.706), in Germania (+18.674), in Svizzera (+14.496), in Francia (+11.358), negli Stati Uniti (+6.683) e in Spagna (+6.520). Il 50,8% dei cittadini italiani iscritti all'Aire è di origine meridionale (Sud: 1.602.196 e Isole: 842.850), il 33,8% è di origine settentrionale (Nord Ovest: 817.412 e Nord Est: 806.613) e, infine, il 15,4% è originario del Centro Italia (742.092).
Le donne - di cittadinanza italiana, con passaporto italiano e diritto di voto - residenti fuori dei confini nazionali al 1° gennaio 2016, sono 2.312.309, il 48,1% a livello nazionale (+84.345 unità rispetto al 2015). I Paesi che nel mondo accolgono le comunità femminili più numerose sono, nell'ordine, Argentina, Germania, Svizzera, Francia e Brasile. I minori sono 24.897 (15,1%) mentre gli anziani, over 65enni, sono 971.152 ovvero il 20,2% sul totale degli iscritti all'Aire.
Mattarella: "Un segno di impoverimento"
"Il nostro Paese ha una storia antica di emigrazione - ha detto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un telegramma inviato alla Fondazione Migrantes -. Una storia di sofferenze e di speranze. Una storia di riscatto sociale, di straordinarie affermazioni personali e collettive, ma anche di marginalità patite e di lacerazioni. Oggi il fenomeno degli italiani migranti ha caratteristiche e motivazioni diverse rispetto alla passato.
Riguarda fasce d'età e categorie sociali differenti. I flussi tuttavia non si sono fermati e, talvolta, rappresentano un segno di impoverimento piuttosto che una libera scelta ispirata alla circolazione dei saperi e delle esperienze".
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