Stefano Bruno Galli, assessore alla Cultura di Regione Lombardia, ha espresso il suo parere riguardo la decisione presa dal governo di far ritornare in zona rossa la Lombardia. In perfetto accordo con il governatore Attilio Fontana, Galli ha asserito: “Sostengo quello che ha detto Fontana ieri: è un affronto ai sacrifici che hanno fatto i lombardi, con dati che sono in netto miglioramento. Sostengo con molta forza la prospettiva del ricorso che ha annunciato ieri il presidente". Tornare in zona rossa non vuol dire solo continuare ad ammazzare realtà come i teatri, i cinema e i musei, ormai chiusi da mesi, ma anche negozianti e ristoratori.
Un settore in ginocchio
Il settore della cultura è in ginocchio praticamente dal primo lockdown, tranne qualche timida riapertura estiva. “È inspiegabile, nessun focolaio si è mai verificato nei luoghi della cultura. Nessun museo, teatro o cinema è stato un focolaio. La cultura in Lombardia ha numeri ragguardevoli, è evidente che il pedaggio che stanno pagando i luoghi della cultura è oltremodo elevato. Si tratta di luoghi dove si possono rispettare con grande rigore tutte le prudenze, nei musei o nei teatri col contingentamento si possono rispettare le prescrizioni sanitarie".
E a farne le spese, come sottolineato dallo stesso Galli, sono tutti i lavoratori dello spettacolo, gli operatori della cultura e anche le guide ai musei. Senza contare tutte le persone che lavorano e sono dietro a un lavoro teatrale dove non si sta parlando solo degli attori che calcano il palco.Tutti in ginocchio, senza distinzioni. "Non si tratta solo dell'incasso dei biglietti ma anche di bookshop, caffetterie, dei mancati introiti per l'affitto delle sale e dei locali. Le perdite, nel primo lockdown, sono state ingenti e ora rischiamo che il 30/40% dei luoghi della cultura non riapra più" ha tenuto a precisare Galli. Non solo quindi i grandi musei o i teatri. A morire lentamente sono soprattutto le piccole e medie realtà che con hanno le spalle coperte. L’assessore ha rimarcato che “il piccolo museo o il piccolo cinema rappresentano un presidio territoriale culturale importante sono luoghi di socialità culturale. Ora che è necessario ricostruire le comunità si può fare perno sui luoghi della cultura ma se non riaprono più significa che abbiamo imboccato delle derive disgregative della socialità territoriale".
Il ricorso della Lombardia
E intanto il governatore Fontana ha annunciato di voler fare ricorso contro la decisione del governo di far rientrare la sua regione in zona rossa. Dopo che ieri erano arrivati i dati del monitoraggio dell’Istituto superiore di sanità, in base ai quali Palazzo Chigi decide a quale zona cromatica assegnare le varie regioni, si aspetta solo l’ufficializzazione dal ministero della Salute. Fontana aveva subito parlato di una “punizione che la Lombardia non si merita”, e di conteggio del valore dell’Rt opinabile, anche perché si tratta di vecchi dati ormai superati. Tra l’altro, che non fosse proprio affidabilissimo lo avevano già detto altri esperti che avevano proposto come alternativa il CovIndex, aggiornato e sempre disponibile.
Comunque, almeno per il momento ci dobbiamo rassegnare all’Rt.Fontana aveva quindi chiesto al ministro Speranza di riguardare e rivalutare la situazione per cercare di capire fino a quando la Lombardia dovrà restare rossa. Nulla però è cambiato, e da lì la decisione di ricorrere al Tar. Infatti il presidente aveva annunciato: “Non condividiamo la scelta di inserire la Lombardia in zona rossa per cui, qualora dovesse arrivare l’ordinanza, proporremo ricorso. Abbiamo inviato delle accurate note per spiegare le motivazioni della nostra opposizione. Più volte ho chiesto al governo di rivedere i parametri perché basati su dati vecchi, in questo caso del 30 dicembre che, oltretutto, non tengono conto di importantissimi indicatori a noi favorevoli, come l’Rt sull’ospedalizzazione. Negli ultimi 15 giorni la situazione è migliorata almeno per classificarci in zona arancione”. L’Rt si baserebbe infatti sul 30 dicembre e non sulla settimana dal 4 al 10 gennaio. Della stessa idea anche Letizia Moratti, assessore al Welfare, che ha aggiunto che la Lombardia “viene penalizzata pur avendo un’incidenza di contagi per abitanti nettamente inferiore a diverse altre Regioni e alla media nazionale”.
Un “contro-dossier” è già stato inviato ieri sera a Roberto Speranza spiegando le motivazioni per cui la zona rossa non sarebbe corretta con la situazione epidemiologica attuale in Lombardia. Come riportato dal Corriere, nella missiva firmata da Fontana si legge: “Caro Ministro, ritengo che l’eventuale classificazione della Regione Lombardia in c.d. “zona rossa” a decorrere dal 17 gennaio prossimo non sia stata oggetto di adeguata analisi preliminare. Infatti, tale provvedimento pur basandosi sul monitoraggio dei dati relativi alla settimana dal 4 al 10 gennaio 2021, prende in considerazione come riferimento un RT- sintomi del 30 dicembre scorso, quindi di ben diciassette giorni fa. Tale elemento, così rilevante ai fini della classificazione in zone in base alla disciplina dettata dal DL 33/2020, è pertanto fortemente datato e quindi non più aggiornato all’attuale andamento epidemiologico”. Intanto, i sindaci di Bergamo, Crema e Cremona hanno chiesto una deroga per la provincia, perché ben al di sotto della media regionale.
Zona rossa confermata fino al 31 gennaio
Il Ministero della Salute ha confermato la Lombardia in zona rossa per emergenza covid.
La misura entrerà in vigore da domani, domenica 17 gennaio e sarà valida fino a domenica 31 gennaio. Il provvedimento è stato giustificato con l’applicazione dell’articolo 3 del Dpcm del 14 gennaio, vista una “incidenza di contagi superiore a 50 casi per 100mila abitanti”, e quindi rischio alto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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