L'orrore ucraino dell'utero in affitto, Biden e Putin: quindi, oggi...

Quindi, oggi...: l'economia di guerra, la serie tv con Zelensky e la corte penale internazionale

L'orrore ucraino dell'utero in affitto, Biden e Putin: quindi, oggi...

- avrei dovuto scriverlo ieri, ma mi sono dimenticato. Fatto sta che bisognerebbe dare maggiore peso alle parole di Mario Draghi proferite nella conferenza stampa post Cdm. Ha detto infatti che a breve potremmo entrare “in una logica di razionamenti”. Cioè non potremo comprare e consumare quanto ci pare, ma l’economia sarà quella di guerra. Per ora i cittadini hanno subito solo il caro benzina e un po’ quello del gas, ma si profilano tempi bui. Anche perché a dirlo è il signore del whatever it takes, il quale di solito non spara sciocchezze

- va bene che Zelensky è diventato famoso e l’audience è audience. Però non so se è caruccio divertirsi con la sua serie tv mentre quello se ne sta rinchiuso in un bunker con le bombe che gli cascano addosso

- mi sono riletto le parole di ieri di Biden, il quale con spirito evidentemente collaborativo ha definito Putin un “criminale puro” e un “dittatore” (deve aver imparato le regole della diplomazia da Di Maio). Quello che però mi ha sorpreso è questa frase: la Russia “sta facendo una guerra immorale contro il popolo ucraino”. Questo vuol dire che esistono guerre “morali”?

- i bambini nati da utero in affitto sono nei bunker insieme alle loro “madri”. E devo essere sincero: qui l’orrore non sta nella guerra, ma nel fatto che ricchi occidentali siano andati da povere signore in cerca di soldi per affittare il loro corpo dove ospitare nove mesi una vita che nasce. Siamo sicuri che lo strazio qui sia colpa solo delle bombe? Riusciremo finalmente a capire che abbiamo trattato questi piccoli come una merce? Prodotti commerciali che - causa conflitto - non siamo più in grado di andare a “ritirare”. Quando parliamo di “civiltà”, ricordiamoci che pure noi di schifezze ne facciamo: l’utero in affitto altro non è che uno spietato mercato in cui donne povere vendono il loro utero a famiglie ricche, il tutto col guadagno di società intermediarie. Chiamarla “gestazione per altri” non la rende una pratica meno deprimente

- da leggere il commento, proprio sull’utero in affitto, di Lucetta Scarrafia: “I poveri bambini dispersi dal mercato degli uteri in Ucraina sono le vittime della nostra incapacità, - di noi che abitiamo in questa parte del mondo - di accettare il sacrificio che comporta avere dei figli da giovani, della nostra illusione che anche le coppie dello stesso sesso possono generare dei figli. Sono vittime della nostra idea utopica di potere piegare la vita come ci pare e piace senza tenere conto delle realtà più elementari. Sono vittime innocenti dell'utopia e di una distorta idea dei diritti individuali. Del loro triste destino siamo tutti noi a portare la responsabilità”. Applausi a scena aperta

- mentre leggo le parole del procuratore della Corte Penale Internazionale sui presunti “crimini di guerra” in Ucraina, che tirano in ballo pure Putin, scorgo anche le dichiarazioni di Biden e Kamala Harris che insistono sullo Zar dittatore sanguinario. È sicuramente vero. E non voglio certo qui giustificarlo. Però ai tifosi della corte dell’Aja vorrei ricordare che nel 2019 - riportava l'HuffPost - “gli Stati Uniti hanno revocato il visto a una procuratrice della Corte penale internazionale (CPI), la gambiana Fatou Bensouda, per aver proposto di aprire un’indagine su presunti crimini di guerra di militari statunitensi in Afghanistan”. Le sanzioni le mise Trump e Biden le ha tolte, ma pure l'attuale presidente si è detto contrario a un possibile processo verso i militari Usa da parte della corte dell'Aja. Il motivo? Gli Stati Uniti non riconoscono il Tribunale internazionale. Mi fa schifo chi bombarda i civili. Ma l’ipocrisia di alcuni mi provoca irritazione cutanea

- sono successe un sacco di

altre cose: il discorso di Putin, le bombe sull'Ucraina, la telefonata tra Biden e Xi. Ma purtroppo non ho più tempo per parlarne, oggi dovete accontentarvi di una versione breve, scusate. Ci vediamo domani

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