C'era una volta, nella Val D’Enza, il “metodo Foti”. Medici, istituzioni e personaggi della politica andavano sponsorizzando un sistema d’eccellenza, un puzzle perfetto di competenze e professionalità che rendeva la zona dell’Emilia Romagna un esempio da imitare in tema di lotta agli abusi sui minori. C’era una volta un sistema intrinso di storture, ma che veniva pubblicizzato come il bene assoluto. Adesso, non c’è più.
Il caso degli affidi a Bibbiano ha scoperchiato una voragine di ilecciti, ricostruendo un groviglio di orrori che permetteva a decine di persone di lucrare sulla pelle dei bambini. Dopo lo scoppio dell’inchiesta Angeli e Demoni, però, qualcuno ha gridato allo scandal, puntando il dito verso tutti coloro che parlavano dei fatti accusando gli indagati. Sotto la maschera del garantismo la sinistra ha preteso silenzio. I principali indagati del caso affidi hanno denunciato un accanimento mediatico. Tutto falso, secondo i coinvolti, che hanno sempre difeso le proprie ragioni e chiesto di tacere sulle dinamiche facendo intendere che la magistratura avrebbe provato la loro innocenza al più presto.
Eppure, adesso, qualcuno sembra non esserne più così sicuro. Gli amici del terapeuta accusato di aver plagiato la mente dei minori al fine di fargli confessare abusi mai avvenuti, scaricano il “guru” che per anni hanno venerato.
L'Unione Val d'Enza ha revocato il patrocinio e la messa a disposizione di aule per alcuni corsi che si sarebbero dovuti svolgere nella loro sede. “Gestione e sviluppo delle risorse emotive” e “Sofferenza traumatica e intelligenza emotiva - strumenti clinici e psicologico-forensi di ascolto e cura”: questi i temi di cui si sarebbe dovuto parlare, o meglio, di cui avrebbe dovuto discutere proprio Claudio Foti, padre dell’associazione Hansel e Gretel finita nel mirino della Procura di Reggio Emilia. Due corsi molto specifici sulla psicologia e, nel dettaglio, sui metodi per inviduare il trauma e le linee guida su come intervenire. Il primo è un master post laurea di secondo livello, il secondo un corso di alta formazion. mOra però in cattedra non ci sarà più Foti.
Il patrocinio e la sede erano stati concessi il 7 settembre del 2018, con una delibera firmata dalla precedente giunta della Val d'Enza. Nel documento - scrive Il Resto del Carlino, - si disponeva anche “la partecipazione del proprio personale attraverso il riconoscimento delle ore che verranno svolte come orario lavorativo”, e si assicuravano l'"apposizione del logotipo del servizio sociale integrato e dell'Unione val d'Enza al materiale destinato a pubblicizzare le iniziative”. In effetti, prima la presenza di tali docenze era motivo di vanto. Poi, qualcosa è andato storto e, dopo gli scandali di Bibbiano, pare che nessuno ritenga opportuno ospitare in una sala pubblica, con tanto di patrocinio, Foti che parla di “risorse emotive”, “sofferenza traumatica” e “strumenti clinici e psicologico-forensi di ascolto e cura”. Qualcosa sembra essere cambiato e, a poco a poco, la squadra sta per essere sostituita, viene da dire: per fortuna. Un’altro indizio è l’assunzione di assistenti sociali che andranno a prendere il posto di Federica Anghinolfi e Nadia Campani, entrambe prima operative nei comuni della Val D’Enza e adesso indagate.
Ma se Bibbiano era solo leggenda fatta diventare un caso dai partiti politici strumentalizzando i fatti per riscuotere consensi, perché non continuare a diferdere le persone indagate? Questo dietrofront fa pensare che qualcuno sappia che, nel caso Bibbiano, qualcosa di vero, in fondo, ci sia.
In effetti, arrivati a questo punto e coscienti degli ultimi dettagli emersi dalle indagini, continuare a difendere Claudio Foti e Federica Anghinolfi sarebbe stato un azzardo. Ad ogni modo, c’è chi ancora prova a difendere i suoi. I partiti della sinistra. Che ultimamente sembrano voler far passare il ritornello che sì, sicuramente c’era qualcosa che non funzionava, ma il sindaco dem Andrea Carletti, accusato di abuso d’ufficio e falso ideologico, non ne sapeva niente. E così, forse sarà, nonostante le carte perora sembrino dire il contrario.
Qualche giorno fa, sono stati revocati gli arresti domiciliari all’ex sindaco di Bibbiano, sostituiti dall’obbligo di dimora ad Albinea, comune di residenza di Carletti. Uno sconto per andare incontro alle richieste della difesa che però non hanno risparmiato alcune considerazioni amare da parte dei giudici nei confronti dell’indagato.
Il tribunale del Riesame ha, infatti, ribadito - come riporta La Verità - che “l'adesione ideologica di Carletti al 'metodo Foti' era determinata da motivazioni politiche” e finalizzata a dare “lustro alla sua figura politica”. Dunque, l’uomo del Pd, nella piena consapevolezza dell’illeicità del sistema dava il suo benestare per un tornaconto personale. E ancora, scrivono i giudici, come riporta sempre La Verità: “Il suo programma politico era impostato sulla buona riuscita della predisposizione di servizi specializzati nella cura di bambini oggetto di molestie e sul raggiungimento di risultati di eccellenza in tale campo: la buona riuscita del progetto dedicato alla tutela dei minori si riverberava sul suo successo politico”. Da ciò “la sua accettazione incondizionata delle modalità di operare dei coindagati, la condivisione delle operazioni e delle procedure poco limpide, non conformi ai parametri normativi, adottate dai responsabili dei servizi sociali”. E, infine, “Sussiste in primo luogo tuttora il pericolo di reiterazione di reati dello stesso tipo". “Adesione ideologica”, “accettazione incondizionata”.
Al momento non vi è niente di definitivo e le sentenze riusciranno a riosolvere i dubbi. Ma gli indizi, al momento, non lasciano ben sperare, e chi ancora cerca di salvare il salvabile dovrebbe rendersene conto e, almeno per adesso, mollare la presa.
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