Mafia, cimice svela dopo 100 anni l'assassino di Joe Petrosino

Arresti a tappeto a Palermo: 95 in manette. Negli affari dei bossi anche le forniture di carne e le scommesse sui campionati di calcio nazionali ed esteri

Mafia, cimice svela dopo 100 anni l'assassino di Joe Petrosino

A Palermo è arrivata l'Apocalisse. Evocando l'ultimo libro del Nuovo Testamento carabinieri, Guardia di Finanza e Squadra mobile hanno arrestato novantacinque persone nella maxi operazione il mandamento di San Lorenzo e Resuttana. Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Vittorio Teresi e dai sostituti Francesco Del Bene, Amelia Luise, Gaetano Paci, Annamaria Picozzi e Dario Scaletta, hanno permesso di ricostruire l’organigramma dei due mandamenti, con l’identificazione di capi e gregari che negli ultimi anni hanno sottoposto a una soffocante pressione estorsiva numerose imprese edili e attività commerciali e hanno esercitato un diffuso condizionamento illecito dell’economia locale. Solo pochi tra i commercianti e imprenditori costretti a pagare il pizzo hanno, però, denunciato i loro estorsori rifiutandosi di pagare.

A capo del mandamento di San Lorenzo e Resuttana c’era Girolamo Biondino, fratello 66enne di Salvatore, l’autista di Totò Riina. Era da poco stato scarcerato ed era tornato a comandare il clan. Per cercare di non finire di nuovo in carcere, Biondino faceva il pensionato, girava in autobus e non si faceva vedere in giro con altri uomini d’onore. Secondo gli investigatori era lui a tenere le fila e imporre il pizzo a tappeto nel mandamento. Grazie all'operazione "Apocalisse" sono finiti in carcere gli esponenti della nuova cupola di Cosa nostra che, da viale Strasburgo all'Arenella, era tornata a imporre a tappeto il pizzo, a negozi e cantieri edili. Ed è qui, in un stretto legame col passato, che riaffioravo vecchi fantasmi. A distanza di oltre un secolo viene, infatti, stato svelato l'assassino Joe Petrosino, il poliziotto italo americano venuto a Palermo per sgominare una banda di mafiosi. Il 29enne Domenico Palazzotto si vantava spesso con gli amici che a uccidere Petrosino era stato uno zio del padre. "Ha fatto lui l’omicidio del primo poliziotto ucciso a Palermo. Lo ha ammazzato lui Joe Petrosino", aveva detto agli amici mentre le microspie lo registravano. L'esecuzione di Petrosino, freddato alle 20.45 del 12 marzo 1909 don tre colpi di pistola in rapida successione e un quarto sparato subito dopo, suscitarono il panico nella piccola folla che attendeva il tram al capolinea di piazza Marina a Palermo.

"Ci preoccupano molto estorsioni a tappeto nei confronti di tutti i cittadini che abbiamo potuto confermare anche questa volta - ha commentato il procuratore aggiunto di Palermo, Vittorio Teresi - Il mandamento non è stato azzerato, ma abbiamo inferto un colpo molto duro a Cosa nostra". A Palermo Cosa nostra ha ormai affinato le forme di infiltrazione e ricatto sull'economia legale. Secondo gli inquirenti, è addirittura in grado di imporre proprie forniture di carne alle macellerie più in vista del centro. "Purtroppo il numero così elevato di estorsioni e la mancata denuncia delle vittime del pizzo conferma, ancora una volta, che lo Stato non è stato fino ad oggi sufficientemente credibile con le vittime, assicurando loro la giusta protezione", ammette con rammarico Teresi. Alcuni boss si sono invece lanciati in una azione massiccia di riciclaggio scommettendo i propri tesori illeciti provenienti dal traffico di droga e dalle estorsioni sulle partite di calcio dei campionati nazionali ed esteri.

Nell'inchiesta è coinvolto anche Pietro Franzetti, imprenditore candidato per l'Udc alle comunali del 2012, nella lista dell'Udc. Indagato per corruzione elettorale aggravata avrebbe acquistato 1.500 voti dal clan mafioso dell'Acquasanta sborsando 10mila euro. Sebbene non sia stato eletto al consiglio comunale, un'intercettazione lo incastra proprio mentre si accorda con Francesco Graziano, figlio di Vincenzo, boss storico di Cosa nostra.

Nei giorni scorsi aveva parteicpato al flashmob organizzato davanti a Montecitorio per chiedere la revoca del vitalizio ai condannati per reati mafiosi, come l’ex senatore Salvatore Cuffaro. Graziano junor è stato invece arrestato, così come anche Lorenzo Flauto, un altro boss del clan, intercettato nella segreteria politica di Franzetti.

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