Mafia foggiana: i boss in carcere continuano a impartire ordini

Il dubbio è stato sollevato da Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria, durante il suo tour nelle carceri italiane

Mafia foggiana: i boss in carcere continuano a impartire ordini

Una città in lotta. È questo il ritratto attuale di Foggia dove, come annunciato direttamente dal Dipartimento della Pubblica sicurezza del ministero dell'Interno, dal prossimo 15 febbraio verrà istituita una sede della Direzione investigativa antimafia (Dia). La sezione operativa, la decima in Italia, sarà ubicata in un'ala della caserma Miale, ex sede della scuola di polizia. Eppure, nonostante le misure concrete contro la mafia, Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria che negli scorsi giorni ha fatto tappa nel capoluogo dauno, ha sollevato un dubbio. Si potrebbe escludere che gli ordini per gli uomini della criminalità organizzata nascano dal carcere? L'allarme parte dalla Dda, i cosiddetti mini-cellulari. Venerdì 17 gennaio nel penitenziario foggiano ne sono stati trovati cinque.

Ma non è questo il primo episodio. Lo scorso 3 dicembre l'attività disposta dalla Dia, con l'impiego di circa 150 uomini provenienti in gran parte dalla regione, portò al rinvenimento e al sequestro di sei telefonini e di diversi grammi di droga. L'operazione scaturì in seguito a intercettazioni telefoniche partite dalle celle dell'istituto penitenziario. Trova, dunque, conferma l'ipotesi di Di Giacomo, secondo cui gli ordini possono essere inviati con un semplice sms. "Per stroncare la mafia foggiana definita 'spietata' e persino peggiore di camorra e 'ndrangheta - continua il segretario - non bastano un contingente straordinario di forze di polizia e una nuova sede della Dia se poi non si attenziona la situazione del carcere che, nel corso del 2019, ha fatto registrare non poche emergenze con il personale penitenziario lasciato solo a fronteggiarle".

Nell'ambito del tour delle carceri italiane partito da Napoli, l'arrivo a Foggia di Di Giacomo è altamente significativo. Il segretario, infatti, ha dovuto fare i conti di persona con la mafia e con quel suo deprecabile modo di agire, ovvero mettere a tacere chiunque si prodighi per estirparla. L'uomo, infatti, dopo il pacco bomba fatto recapitare presso la sua abitazione, ha ricevuto una lettera contenente due proiettili di arma da fuoco e un messaggio di minacce dirette anche alla sua famiglia. Nel corso della conferenza stampa Di Giacomo ha altresì informato sulle proprie condizioni di salute dovute allo sciopero della fame che proseguirà fino a quando non ci saranno risposte e atti concreti della politica alle numerose richieste fatte per la tutela del personale penitenziario e dei cittadini.

Aldo Di Giacomo tratteggia lo Stato come un'istituzione che ha ammainato bandiera bianca e delegato il controllo degli istituti penitenziari ai capi clan."L'assenza della politica - conclude il segretario - non mi sorprende perché essa sta dando il peggio di sé con i giochetti sulla prescrizione. E se non bastasse i politici stanno dando ulteriore prova di confusione.

Il Consiglio dei Ministri ha deciso di estendere l'uso della pistola a impulsi elettrici per polizia, carabinieri e guardia di finanza, ma non per la polizia penitenziaria nonostante i casi, purtroppo quotidiani, di aggressione".

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