Solitudine da un lato e uso distorto del web dall'altro sono le concause che hanno portato alla morte di Antonio Stano, l'uomo di 66 anni che ha perso la vita a Manduria, un Comune in provincia di Taranto, in seguito alle aggressioni da parte di una baby gang.
Sono quattordici le persone iscritte nel registro degli indagati. Hanno tutte un'età compresa tra i 16 e i 17 anni. Questa mattina sono stati fermati in otto, ritenuti responsabili delle aggressioni. Sputi, calci, bestemmie, insulti è quello che l'anziano ha dovuto subire da parte della baby gang. Il procuratore capo della Repubblica di Taranto, Carlo Maria Capristo, li ha definiti "Microcriminali organizzati".
Tanti i video e gli audio che ora sono al vaglio della polizia. I reati contestati dalla procura di Taranto a carico degli otto che ora si trovano in stato di fermo (i sei minori sono nel centro di prima accoglienza del capoluogo pugliese) sono: tortura, sequestro, violazione di domicilio e danneggiamento aggravato.
Le aggressioni, come detto, sono state tutte filmate con il cellulare e trasmesse on line in una chat di whatsapp denominata "Comitiva di Orfanelli". Dagli aggressori Antonio Stano veniva chiamato "il pazzo". Pazzo, però, Antonio non era. Ha lavorato tutta la vita all'Arsenale della Marina Militare di Taranto. Una volta in pensione, nel 2005, gli erano stati diagnosticati alcuni problemi psichici come ansia e depressione. Probabilmente dovuti allo stato di solitudine in cui l'uomo viveva e che, senza l'impegno del lavoro, si erano accentuati. D'altronde è stata proprio la sua solitudine a portarlo alla morte. Antonio non aveva nessun parente vicino e anche i suoi concittadini certo non gli sono stati accanto pur sapendo di essere solo e di essere stato preso di mira da una baby gang. "Non c'è stata alcuna collaborazione da parte della famiglia" ha dichiarato ai margini della conferenza stampa Giuseppina Montanaro, il capo della procura dei minori di Taranto, allundendo al ruolo delle famiglie dei giovani coinvolti nella vicenda.
Le aggressioni, ripetute negli anni, sarebbero avvenute sia in casa del pensionato sia all'esterno, per strada, davanti a persone che non intervenivano in difesa del più debole. Remo Epifani, sostituto procuratore insieme al procuratore Montanaro, stanno indagando per chiarire tutti gli aspetti della brutale aggressione, sfociata nella morte dell'uomo e hanno affidato l'incarico per l'autopsia al medico legale di Bari, Liliana Innamorato. Dall'esame necroscopico si attende una risposta fondamentale ai fini dell'indagine: se la morte dell'uomo è stata causata dai traumi e dalle percosse inflitte dalla baby gang, oppure è riconducibile a fattori patologici, magari aggravati, in questo caso, dallo stato di profonda prostrazione in cui era caduta la vittima costretta a non uscire di casa per timore di incontrare i suoi aguzzini.
L'uomo non si recava più nemmeno a fare la spesa. Il 5 aprile scorso, poi, i vicini di casa di Stano hanno allertato la polizia dopo l'ennesima aggressione. Il 66enne aveva paura anche di aprire a porta della sua abitazione agli agenti del commissariato di Manduria, per timore che si trattasse ancora dei suoi aggressori. Una volta in casa, però, i poliziotti si sono resi conto che l'uomo era in condizioni di salute precarie tanto da fare la spesa per portargli a casa del cibo, disponendo un ricovero in ospedale.
Dopo i risultati delle visite mediche sono partite le indagini. L'uomo è poi morto nel reparto di rianimazione dell'ospedale Giannuzzi di Manduria dopo diciotto giorni di ricovero.
Sui fermati pende l'accusa di tortura (articolo 613 bis del codice penale) aggravato, secondo la procura, dal fatto che sul corpo di Stano sono state rinvenute lesioni.
Le scene delle violenze riprese con i telefonini dalla baby gang, sono state definite da chi le ha viste "in stile arancia meccanica". Secondo il procuratore capo Capristo gli aguzzini avrebbero agito per noia.
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