Dj Fabo, la vedova Welby: "Funerale in chiesa? Sono contenta"

Marco Cappato su Facebook: "10 anni fa il Vaticano chiuse le porte in faccia a Welby". Mina Welby: "Merito anche del Papa"

Dj Fabo, la vedova Welby: "Funerale in chiesa? Sono contenta"

Marco Cappato continua a far discutere sul tema dell'eutanasia. E non solo per il ruolo avuto nella morte assistita di dj Fabo, che venerdì riceverà l'ultimo addio in una chiesa milanese.

"10 anni fa il Vaticano chiuse le porte in faccia a Welby. Per Fabo, le porte della Chiesa saranno aperte", ha scritto su Facebook. La Curia si affretta a precisare che non si tratta di un funerale, né di una messa, ma di un momento di raccoglimento e ricordo negli spazi della parocchia, voluto dalla madre del disc jockey 40enne e celebrato dall'amico di famiglia don Antonio Suighi.

Ma tanto basta a Mina Welby, vedova di Piergiorgio Welby, per esultare commossa. Lei, cattolica praticante, avrebbe voluto che si celebrasse un rito religioso per il marito, ma dieci anni fa il Vicariato di Roma negò le esequie secondo il rito cattolico all'attivista e co-presidente dell'Associazione Luca Coscioni. Piergiorgio Welby, infatti, affetto da anni da distrofia muscolare, aveva chiesto e ottenuto dal medico Mario Riccio di porre fine al suo calvario, staccando il respiratore che lo teneva in vita. Riccio staccò il respiratore a Welby sotto sedazione, venendo poi assolto dall'accusa di omicidio del consenziente.

Prima della morte, l'uomo aveva lanciato numerosi appelli al mondo della politica e ai magistrati, tutti caduti nel vuoto. Aveva inviato anche al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, una lettera in cui chiedeva l'eutanasia. Ma il 16 dicembre 2006 il tribunale di Roma aveva respinto la richiesta dei legali di Welby di porre fine all'"accanimento terapeutico", dichiarandola "inammissibile" a causa del vuoto legislativo su questa materia. Pochi giorni dopo Welby aveva ottenuto di morire e il suo funerale fu celebrato con una funzione non religiosa davanti alle porte della parrocchia che rimasero ostentatamente chiuse, malgrado la grande folla radunata per l'ultimo addio e il desiderio della vedova.

"Sono felice. C'è stato sicuramente un cambiamento nella Chiesa dalla vicenda di mio marito, dieci anni fa, a quella di Fabo - commenta Mina Welby al telefono con l'Agi - Anche grazie a Papa Francesco: credo che il suo Giubileo della Misericordia abbia avuto un grande effetto sui cuori di tanti, anche all'interno della gerarchia ecclesiastica". Dieci anni fa le cose andarono diversamente: "La chiesa era chiusa, la gerarchia scelse così. Ma anche allora molti preti erano dalla nostra parte, e avevano deplorato questa scelta - ricorda la vedova Welby - C'erano anche suore, esponenti di altre confessioni... Non tutti i religiosi erano d'accordo, molti volevano entrare e celebrare una funzione per Piergiorgio".

La vicenda scioccò e divise l'opinione pubblica italiana, e l'ostinato diniego della Chiesa contribuì a rendere ancora più profonda la frattura sul tema dell'eutanasia.

"Oggi la sensibilità è diversa, sia nella gente che in Vaticano - conclude Mina Welby - ora manca un ultimo passo: spero che presto chi vuole porre fine a una vita che non è più vita, a un corpo che è diventato un insulto, non debba pagare per andare a morire da solo in Svizzera. Scegliere di andarsene non è mai facile, ma quando la vita è invivibile è una scelta che va rispettata e accettata".

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