La marina libica spara a tre barche italiane: ferito un comandante. L'armatore al governo: "Aspettano il morto?"

La Guardia costiera di Tripoli: "Soltanto colpi in aria. Avevano sconfinato nelle nostre acque e non hanno risposto ai nostri appelli". La nave militare Libeccio è intervenuta in soccorso dell'imbarcazione. Il figlio: "Momenti di paura"

La marina libica spara a tre barche italiane: ferito un comandante. L'armatore al governo: "Aspettano il morto?"

Il comandate di un peschereccio italiano, Giovanni Giacalone, è rimasto ferito ad un braccio e alla testa quando una motovedetta libica è intervenuta sparando per allontanare le motobarche di Mazara del Vallo in acque internazionali, ma nel tratto di mare che Tripoli considera zona esclusiva di pesca fin dai tempi del colonnello Gheddafi.

Gli stessi pescherecci erano già finiti nei guai il 3 maggio, più ad Est, davanti alla Cirenaica con una motovedetta del generale Khalifa Haftar. La Marina militare aveva lanciato un elicottero da nave Alpino mettendo in fuga i libici. Anche ieri è intervenuta nave Libeccio del dispiegamento Mare Sicuro in difesa dei pescherecci.

Alessandro Giacalone da Mazara del Vallo ha spiegato in serata che "mio padre è rimasto ferito dall'esplosione dei vetri colpiti dalle mitragliate libiche”. Un medico della Marina che lo ha visitato a bordo del peschereccio riferisce di “una lievissima ferita di un paio di millimetri alla testa correlata agli spari. Probabilmente causata da schegge di vetro generate da alcuni proiettili che hanno colpito la plancia”. Una fonte del Giornale da Tripoli e Masoud Ibrahim Abdelsamad, portavoce della Marina ribadiscono che dalla motovedetta hanno sparato, “ma solo in aria” per allontanare i pescherecci. E che Giacalone si è ferito “sbattendo la testa” nel trambusto. Al contrario il sindaco di Mazara, Salvatore Quinci, sostiene che i libici "hanno sparato ad altezza d’uomo”.

Le motobarche italiane Artemide, Nuovo Cosimo e Aliseo comandato da Giacalone si trovavano a 35 miglia dalle coste libiche fra Misurata e Tripoli nella mattinata di ieri. Da Al Qoms è salpata la motovedetta Obari, una vecchia unità della Guardia di Finanza che abbiamo donato alla Guardia costiera di Tripoli per il contrasto dell’immigrazione clandestina.
Nel frattempo era in allerta nave Libeccio che si trovava a 60 miglia di distanza e si è diretta a tutta forza verso i pescherecci italiani. La Marina ha dirottato anche un aereo P-72 sulla zona. Secondo il portavoce libico Masoud “sono stati sparati colpi di avvertimento con armi leggere perchè i pescherecci avevano sconfinato nelle acque libiche. Gli italiani non hanno risposto ai nostri ripetuti appelli”. Per Tripoli la zona esclusiva di pesca si estende per 74 miglia, ma è una decisione non riconosciuta, unilaterale. L’aereo della Marina ha osservato la sparatoria dall’alto confermando l’allarme.

Le prime notizie dal peschereccio giunte a nave Libeccio sembravano drammatiche: il comandante italiano è stato colpito alla testa ed era moribondo. I libici hanno rincorso i pescherecci che non si fermavano per timore di venire sequestrati. E sparavano in mezzo al mare. La “fuga”è durata un’ora e alla fine i comandante ferito dell’Aliseo è stato portato a bordo della motovedetta per il primo soccorso, ma le condizioni non erano gravi. Dopo l’incidente i libici hanno ricevuto l’ordine di ritirarsi ed è arrivata nave Libeccio. Un team medico è andato a controllare le sue condizioni sul peschereccio. Il figlio, Alessandro Giacalone, ha spiegato che “Sono stati momenti di grande paura, e di preoccupazione. Per fortuna è finita bene”. La Marina aveva avvisato i pescherecci che “la loro presenza all'interno della Zona di Protezione di Pesca (ZPP) libica, nelle acque della Tripolitania” avrebbe potuto scatenare la reazione di Tripoli. Dopo l’intervento della nave militare l’Aliseo è stato scortato e gli altri pescherecci si sono diretti verso la Sicilia. La Guardia costiera libica continua a sostenere che il comandante Giacalone si è ferito nel trambusto “spostandosi velocemente a bordo e battendo la testa”.

Nella notte tra il 2 e il 3 maggio, Aliseo era scampato insieme ad altri sei pescherecci (Antonino Pellegrino, Giuseppe Schiavone, Nuovo Cosimo, Anna Madre e Artemide) a un tentativo di sequestro in Libia da parte di un gommone delle milizie del generale Khalifa Haftar al largo di Bengasi, nella regione orientale della Cirenaica. Anche in quella circostanza, i libici hanno sparato in aria per intimare al comandante di fermarsi e un colpo di mitra avrebbe colpito la parte superiore del motopesca Giuseppe Schiavone, senza causare feriti. A sventare il sequestro dei pescherecci italiani ci aveva pensato nave Alpino, che era intervenuta con un elicottero.

Lo scorso settembre le milizie di Haftar avevano sequestrato due imbarcazioni siciliane tenendo in prigionia 18 pescatori, compreso und dei figli del comandante ferito ieri, per 108 giorni.

L’allora premier Giuseppe Conte e il ministro degli esteri Di Maio furono costretti ad andare a Bengasi dal generale Haftar per ottenere la liberazione degli ostaggi.

Quinci, sindaco di Mazara, ha dichiarato: "Il morto, prima o poi, ci scapperà. Ne sono certo. Perché fino a quando non si troverà una soluzione a questo problema i pescatori saranno sempre in pericolo in quella zona".

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