Da nord a sud scarseggiano le mascherine. Non solo tra gli scaffali delle farmacie, ma persino in corsia. Non ci sono neppure per medici e infermieri, le categorie più esposte al contagio. I numeri parlano chiaro. Li dà il capo del dipartimento della Protezione Civile, Angelo Borrelli: l'Italia ha bisogno di 90 milioni di mascherine al mese, al momento però "abbiamo stipulato contratti per 55 milioni di pezzi". Il vero problema, ha spiegato, è legato alla chiusura delle frontiere dei Paesi produttori e all'impossibilità di movimentare le merci. Ed è per questo che si starebbe valutando l'ipotesi di riconvertire alcune strutture per la produzione.
Il problema nel problema, poi, è che i presidi sanitari distribuiti in queste ore non sono idonei. Il primo a sollevare la questione è stato l'assessore regionale lombardo al Bilancio Davide Caparini. "La Protezione Civile invia queste mascherine alla Regione Lombardia da destinare ai medici e paramedici impegnati nella guerra al coronavirus", scriveva ieri Caparini su Facebook, allegando un'immagine delle mascherine. E attaccava: "Il peggior materiale possibile, non nello standard previsto nei casi di pandemia. In ritardo di settimane e per di più non a norma... e intanto le persone si ammalano e muoiono". Affermazioni dure, accompagnate dagli hashtag #Borrellivergogna e #dimissionisubito.
Le forniture finite al centro della polemica oggi sono state ritirate. Stiamo parlando di 250mila mascherine che verranno destinate ad altri scopi, ma non certo a proteggere il personale sanitario. Lo ha annunciato l'assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera durante la conferenza stampa per fare il punto sull'emergenza coronavirus. "Bastava guardare le mascherine per capire che non erano idonee, sono state tutte ritirate, non vanno bene per infermieri e medici", ha spiegato Gallera. "Non butteremo via niente, verranno usate per altri scopi, ma non è materiale idoneo per gli operatori sanitari". "Le mascherine che possono essere utilizzate dagli operatori sanitari sono o FFP2 o FFP3 oppure quelle chirurgiche", ha puntualizzato successivamente l'assessore ai microfoni di Sky Tg24. Invece, "ci hanno mandato delle mascherine che sono un fazzoletto o un foglio di carta igienica che viene unito".
Spostandoci nel Lazio la situazione è identica. Identiche sono le razioni di fronte ai presidi sanitari messi a disposizione dal governo. A lanciare l'allarme è il sindacato delle professioni infermieristiche Nursind, che già nei giorni scorsi aveva lamentato la carenza di personale sanitario e i carichi di lavoro abnormi. Stavolta l'appello è: "Vogliamo mascherine, non stracci". Secondo Stefano Barone, segretario provinciale del Nursind, infatti, le mascherine consegnate dalla Protezione Civile non sarebbero a norma. "I dispositivi - denuncia Barone, chiedendone il ritiro - oltre ad essere privi del marchio CE, sono prodotti con del materiale dall'aspetto simile a un notissimo panno per togliere la polvere a domicilio, con due buchi ai lati nei quali infilare le orecchie". L'ennesima beffa ai danni di chi è in trincea.
"Ricordiamo ai nostri politici - attacca - che dotare il personale di questo tipo di maschera è un atto nocivo alla salute del dipendente che non ha in questo caso la sicurezza della protezione delle vie aree come previsto dalle raccomandazioni nazionali e internazionali".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.