"Meglio lei morta che noi in cella". Così hanno lasciato morire Desirée

I tre immigrati le hanno somministrato un mix di droghe: erano consapevoli che l'avrebbero uccisa. Quando è stata male, hanno impedito i presenti di chiamare i soccorsi

"Meglio lei morta che noi in cella". Così hanno lasciato morire Desirée

Desirée Mariottini avrebbe anche potuto essere salvata ma i senegalesi Brian Minteh, il nigeriano Chima Alinno e il gambiano Yousif Salia, che l'avevano drogata e poi stuprata a turno fino a causarne la morte, non hanno fatto nulla per aiutarla impedendo persino che venisssse soccorsa. "È meglio lei morta che noi in galera" è la frase choc, che secondo alcuni testimoni dagli inquirenti, avrebbero pronunciato tre dei quattro africani accusati dello stupro e dell'omicidio della ragazzina.

Nelle quindici pagine di ordinanza di custodia cautelare in carcere il gip Maria Paola Tomaselli ha spiegato che Mamadou Gara e Brian Minteh e Chima Alinno hanno agito "con pervicacia, crudeltà e disinvoltura", dimostrando "una elevatissima pericolosità non avendo avuto alcuna remora a porre in essere condotte estremamente lesive in danno di un soggetto minore giungendo al sacrificio del bene primario della vita". Secondo la ricostruzione della procura, erano quasi due settimane che Desirée frequentava lo stabile abbandonato del quartiere San Lorenzo, dove si procurava la droga e la consumava. Andava e veniva da quel posto dove la notte tra giovedì e venerdì della scorsa settimana ha trovato la morte. Il pomeriggio del 18 ottobre la 16enne è tornata in via dei Lucani in cerca di droga, ha incontrato il gruppo e ha chiesto qualche stupefacente da consumare lì, come già successo in passato.

Nel ricostruire l'intera vicenda, che ha portato alla brutale morte di Desirée, il giudice Tomaselli ha spiegato che "gli indagati hanno dapprima somministrato alla ragazza il mix di droghe e sostanze perfettamente consapevoli del fatto che fossero potenzialmente letali per abusarne". Quindi la hanno stuprata "lungamente e ripetutamente". È successo più volte e lo hanno sempre fatto in gruppo. La ragzzina non si è, ovviamente, opposta in alcun modo. Non poteva farlo perché non era in sé: non si reggeva in piedi mentre loro, senza nessuna pietà le erano addosso. Dopo gli abusi l'hanno abbandonata a terra, tremante, si sono allontanati e l'hanno lasciata morire.

Nell'ordinanza di custodia cautelare si legge che le belve "la hanno lasciata abbandonata a se stessa senza adeguati soccorsi, nonostante l'evidente e progressivo peggiorare del suo stato". Il branco avrebbe addirittura "impedito ad alcuni dei presenti di chiamare i soccorsi esterni o la polizia per aiutarla".

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