La sua Aston Martin viaggiava spedita nella sera e Mel, dopo una giornata di lavoro a mille all’ora, non ricordava più nemmeno chi fosse. Il Sunset Boulevard è la strada più famosa di Los Angeles, un’arteria che da Figueroa street, nel centro della città, corre fino alla Pacific Coast Highway che fiancheggia l’Oceano Pacifico, trafficata di giorno e di notte.
In mezzo ci sono Hollywood, Beverly Hills, Bel Air, il mondo luccicante dello star system, il paradiso dei divi del cinema: è la via del successo, della fama, del sogno americano, della marce della controcultura anni ’60. Ma è anche una strada a due corsie di marcia, con nessun spartitraffico in mezzo, buche sull’asfalto e curve a gomito. Una in particolare, la chiamano Dead Man's Curve, la curva dell’uomo morto, ha ucciso ventisei disgraziati negli ultimi due anni e mette paura solo a nominarla. Ma Mel ha altro per la testa a quell’ora della sera, nemmeno vede sbucare nel buio, dall’angolo cieco, la Oldsmobile di quel ragazzino appena patentato, Arthur Rolston, diciottenne universitario di Ucla, sparata a tutta velocità sulla corsia opposta, quella dove viaggia Mel. É un attimo passare dalla luce al buio. Il frontale gli rompe tutto: le ossa delle braccia, delle gambe, della schiena, le costole e la testa in tre punti. «Uno dei pompieri che mi tirò fuori dalla macchina - racconterà - disse che da come ero ridotto avrebbe potuto mettermi dentro un sacco». Il triplo spostamento delle ossa del cranio lo manda in coma. Per i giornali ha le ore contate, i titoli che lo danno per morto fanno piangere l’America. Perché Mel Blanc non è uno qualunque, Mel Blanc è l’uomo dalle mille voci, l’uomo che fa parlare i cartoni animati. Grazie a corde vocali straordinarie come un violino di Stradivari, ha creato dal niente la voce di più di 1500 personaggi dei cartoon, tutte diverse tra loro: la chiacchiera sciolta di Bugs Bunny, un misto di accenti del Bronx e di Brooklyn, la zeppola nell’eloquio di Daffy Duck, la parlantina a raffica di Speedy Gonzales. E poi Beep Beep, Gatto Silvestro, Titti, Isidoro, il Barney dei Flintstones, Magilla Gorilla, cioè quasi tutti i personaggi delle Looney Toones. É così pignolo che per inventare Porky Pig va a vivere per due settimane in un allevamento di maiali. Anche quando parlano lingue diverse il timbro è lo stesso: il Gatto Silvestro italiano, o lo Speedy Gonzales cantato anche da Pat Boone, in realtà sono Mel Blanc doppiato.
Ma lui adesso è perduto in un limbo dove la vita si è fermata, la mente regredita al giorno in cui tutto cominciò, al giorno che lo farà uscire, ma lui ancora non lo sa, da dove si trova adesso. Il corridoio della Lincoln High School di Portland era vuoto quel giorno di quarant’anni prima, solo uno studente quattordicenne di nome Melvin Blank, camminava ascoltando l'eco dei suoi passi. Era il gianburrasca della classe, il tipo di bambino che fa impazzire gli insegnanti, ma non un ragazzo per male. Aveva però quella faccia da schiaffi tonda come una ciambella dal sorrisino malizioso che tirava fuori dai gangheri chiunque. Esasperava l'umorismo spericolato e l’incapacità di stare fermo, di tenere la bocca chiusa durante le lezioni. Aveva soprattutto uno strano talento nell’imitare le voci, comprese quelle, per la gioia dei compagni di classe, dei suoi insegnanti.
In quel corridoio solitario dove scontava una punizione per quella boccaccia che non stava mai zitta, Melvin aveva inventato una risata meravigliosamente selvaggia, leggermente sinistra e ridicola quanto basta da scatenare un giorno in aula appena un’insegnante gli avesse dato le spalle. L'acustica del corridoio era così perfetta che Melvin, si mise a correre avanti e indietro, godendosi gli echi irresistibili di quella sua risata strampalata. Non si accorse di non essere solo. In un angolo, impressionato da quello che stava ascoltando, c’era il preside della Lincoln. «Quando finii la corsa me lo trovai davanti all’improvviso: dovrei cacciarti da questa scuola, mi disse. Ma non lo fece mai». Vent’anni dopo e per l’eternità, per quel preside e per i bambini di tutto il mondo, quella risata sarebbe diventata popolarissima. La risata di Picchiarello che fa ancora oggi da sigla a tutti i suoi cartoon.
Melvin Jerome Blank, figlio di genitori ebrei russi che gestivano un negozio di abbigliamento femminile, era nato a San Francisco ma cresciuto a Portland nell’Oregon. Cambierà il cognome da «Blank» a «Blanc», quando un insegnante esasperato dalla sua condotta gli dice «diventerai un uomo insulso come il tuo cognome ». È uno scavezzacollo ma studioso e i suoni lo affascinano. Impara il piano, il violino e il sassofono, a 19 anni è il più giovane direttore d’orchestra d’America. Ma è la voce la sua vera orchestra: «Osservavo gli animali intorno a me e mi chiedevo come suonasse la voce di quel gattino se avesse potuto parlare - raccontò al New York Times - Così mi stringevo la gola e facevo una voce piccola piccola, senza rendermi conto che stavo diventando uno, nessuno e centomila ». Le cose non vanno sempre bene. In piena depressione economica rimbalza da un ufficio di collocamento a un altro incassando una sfilza di no ma sempre con lo stesso sorriso. A un ballo conosce Estelle Rosenbaum: è bionda, bellissima, divertente ed è sicuro che con lui non parlerà mai, qualunque voce usi. Invece lei gli dà il suo numero e si stupisce che lui non lo scriva su un foglietto di carta: «Se una è la ragazza giusta non puoi dimenticarti il suo numero » le dice. Si sposano in segreto, vivono, con pochi dollari, scrivendo spettacoli per radio e teatro, solo a guerra finita avrà un programma tutto suo sulla Cbs, The Mel Blanc Show, una radio commedia dove interpreta tutti i personaggi. Anche perché non ci sono soldi per assumere attori.
Ha la voce di un mutante, e non solo perché fuma da quando ha 10 anni. Uno specialista che gli esamina la gola scopre che Mel possiede corde vocali insolitamente spesse e incredibilmente potenti che gli danno una gamma eccezionale di timbri diversi, come quelli del grande Enrico Caruso. È così eclettico che registrare centinaia e centinaia di cartoni animati facendo tutte le voci senza che nessuno si accorga che è sempre la sua. Arriva a passare da uno studio di registrazione all'altro per lavorare su 18 programmi radiofonici diversi in una settimana.
Ma niente dopo venti giorni, di coma, sembra farlo tornare dal limbo, né le sollecitazioni neurologiche, né le parole della famiglia. Il ventunesimo giorno però, entrando come ogni mattina nella stanza del paziente, il medico si accorge che la tv della camera è accesa sui cartoni animati. Di solito chiede «Come va, Mel?» senza ottenere risposta. Ma stavolta cambia domanda: «Come va, Bunny?». «Tutto bene, Doc...», la risposta. Per niente certo di aver sentito bene insiste: «E tu Porky Pig come ti senti?», «Jjj-bene, grazie mille...». Spiegano i medici: i suoi personaggi abitavano in una zona della coscienza al riparo dai danni, per questo, evocati, hanno risposto, aprendo la via del ritorno anche al loro papà. Bugs Bunny lo aveva riportato alla luce. Resterà in ospedale sei settimane, dopo tre mesi tornerà a camminare.
Smette di fumare invece solo a 77 anni, quasi trent’anni dopo l’incidente, quando gli viene diagnosticato un enfisema. Si sente male mentre sta registrando una pubblicità, al Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles i medici sscoprono che ha una cardiopatia avanzata. Due mesi dopo, senza uscire mai dall’ospedale, se ne va.
Sul Sunset Boulevard, nella Hollywood Walk of fame, c’è una stella dedicata a lui e una a Bugs Bunny. È sepolto all’Hollywood Forever Cemetery, il cimitero delle star, sulla sua lapide ha voluto il tormentone dei Looney Tunes: «That's Not All, Folks!». Più o meno: «Non è ancora finita, ragazzi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.