La bolla greca sta nuovamente scoppiando. Questa volta però non si parla di finanza e debito, bensì di immigrati. Il paese ellenico dal 2015 ospita migliaia di rifugiati e richiedenti asilo, ma non è in grado di mantenerli.
La Grecia, in particolare, appare come luogo di mero transito per quei migranti che dal medio oriente risalgono fino in Turchia e da qui poi si imbarcano verso le isole dell’Egeo. Poi, una volta giunti nella penisola ellenica, risalgono i Balcani nella speranza di arrivare in Germania e nel nord Europa. È il tragitto della cosiddetta “rotta balcanica”, la stessa che infiamma il dibattito politico nel vecchio continente tra il 2015 ed il 2016 per via della destabilizzazione della situazione sociale in alcuni dei paesi attraversati.
Dunque, con i governi balcanici che chiudono i confini e sbarrano le frontiere, il grosso dei migranti rimane in Grecia. La burocrazia ellenica e la crisi economica fanno sì che rimpatri ed evacuazioni dal paese risultino estremamente rallentati. L’unica nota che in questo frangente dà respiro ad Atene, è l’accordo tra Ue e Turchia per il pagamento ad Ankara di tre miliardi di Euro all’anno al fine di mantenere i migranti in Anatolia. Ed in effetti il flusso cala drasticamente , anche se non termina del tutto.
Da qui, il timore che una bolla greca ma questa volta sui migranti, come detto ad inizio articolo, possa investire il vecchio continente. Circa 25mila richiedenti asilo si trovano attualmente in Grecia e le condizioni, soprattutto nelle isole, non appaiono delle migliori: centri d’accoglienza poco forniti, tempi molto lunghi per il riconoscimento o meno dello status di rifugiato, una situazione dunque molto precaria e questo perché, è bene ricordarlo, le condizioni economiche della Grecia non permettono ad Atene di investire grosse somme.
La polveriera greca, da qualche giorno a questa parte, inizia seriamente a preoccupare i paesi confinanti. Sia sui social che su informative dei servizi di sicurezza, emergono segnali della volontà di grandi gruppi di migranti presenti in Grecia di attraversare il confine e dirigersi verso nord. Si tratterebbe, di fatto, della riapertura della rotta balcanica.
Un’eventualità destinata ad aprire scenari destabilizzanti, specialmente poi se si considera che si è alla vigilia delle elezioni europee. Su Facebook fa scalpore l’iniziativa di alcuni curdi presenti ad Atene, che invitano molti migranti ad unirsi ed iniziare a fare pressione lungo le frontiere settentrionali della Grecia. Ed ora, a certificare questa preoccupazione, è una decisione del governo bulgaro che decide di intensificare i controlli lungo i confini meridionali del paese.
Ad annunciarlo, come si legge su AgenziaNova, è lo stesso ministro degli interni bulgaro Mladen Marinov. È lui che, in una dichiarazione presso l’agenzia Bulgarian News Agency, conferma il rafforzamento dei presidi di frontiera con la Grecia: in particolare, gendarmi e poliziotti sono chiamati a controllare la linea di demarcazione tra i due paesi e sul posto è previsto l’arrivo di nuovo personale.
Ma il governo di Sofia sta pensando anche all’eventualità di inviare l’esercito. È lo stesso ministro della difesa bulgaro, Krasimir Karakachanov, a comunicarlo: “Siamo nelle condizioni di inviare 1.200 soldati al confine entro 24 ore”.
La Bulgaria è il primo paese che attua misure di prevenzione lungo la frontiera greca per timore del passaggio di gruppi di migranti. Segno che le preoccupazioni dei giorni scorsi appaiono reali.
Alla Bulgaria potrebbero far seguito altri paesi balcanici, che non ci stanno a rivedere la stagione vissuta quattro anni fa. Se quella finanziaria è indubbiamente argomento di campagna elettorale già da tempo, la bolla greca relativa ai migranti potrebbe rappresentare un’emergenza dell’ultimora in vista delle europee.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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