"Il cromosoma in più delle persone con sindrome di Down è un valore"

Nella giornata mondiale della sindrome di Down, Stefania racconta al Giornale.it: "Abbiamo adottato Piergiuseppe quando aveva 7 mesi e mezzo. Ha la sindrome di Down e per noi è un valore aggiunto"

"Il cromosoma in più delle persone con sindrome di Down è un valore"

"Dovremmo avere tutti quel cromosoma in più, è un valore aggiunto". Stefania ne è certa e sa bene di cosa sta parlando. Perché suo figlio Piergiuseppe, 10 anni a maggio, ha la sindrome di Down. Ma questo non ha impedito a lei e a suo marito di adottare quel bambino che, come racconta al Giornale.it, "ora è a tutti gli effetti nostro figlio". Dopo aver partecipato a uno spot per l'associazione Pro Vita e Famiglia, Piergiuseppe è adesso testimonial della campagna per la giornata mondiale della sindrome di Down.

Stefania, le va di raccontarmi la vostra storia?
"Certo, le persone spesso hanno poca voglia di parlare di questi temi. Io e mio marito abbiamo sempre voluto dare spazio a un bimbo abbandonato, così dopo aver avuto il nostro primo figlio e dopo tre anni di matrimonio, abbiamo avviato le pratiche per l'adozione. Eravamo aperti a qualsiasi tipo di disabilità, come era stato per il nostro primo figlio e come è stato poi per gli altri: in gravidanza non abbiamo fatto nessun tipo di screening. Dopo qualche tempo, un giorno ci hanno chiamato dicendoci che c'era un bimbo di 7 mesi e mezzo con grossi problemi e, quando siamo arrivati all'appuntamento col giudice, lui ci ha detto che si trattava di un caso molto difficile. La nostra fortuna è stata che i genitori di Piergiuseppe non si erano accorti che aveva la sindrome di Down. Quando è nato, lo hanno lasciato in ospedale, dove è rimasto per 6 mesi come prevede la legge, prima di essere trasferito in una casa famiglia. Dopo l'incontro col giudice, Piergiuseppe è stato due anni in affido con noi e poi c'è stata confermata l'adozione definitiva e ora è a tutti gli effetti nostro figlio. Noi siamo stati benedetti da Dio".

Che cos'è la sindrome di Down dal suo punto di vista?
"Ti rispondo con le parole di chi l'ha vissuta: è fatica, ma è anche purezza, sopresa e amore. Per me la sindrome di Down è impegno, ma soprattutto bellezza, perché quello che lui mi dà mi fa scordare di tutte le fatiche. Forse è quello che dovremmo avere un po' tutti noi: quel cromosoma in più, che ti impedisce di portare rancore. Per natura Piergiuseppe tende a scordarsi le cose, anche quelle brutte. Lui non è mai arrabbiato, o se si arrabbia se ne dimentica poco dopo, e non porta rancore. Sicuramente ci sono aspetti molto faticosi, è difficile e impegnativo prendersi cura di persone con la sindrome di Down, ma ti danno tanto. Per troppo tempo questa sindrome è stata stigmatizzata, forse anche perché i bambini non erano inclusi nelle classi scolastiche e nelle attività. Adesso, per fortuna, questo aspetto è cambiato e anche le insegnanti mi dicono spesso che Piergiuseppe per la classe rappresenta un valore aggiunto. È una sindrome che non passerà mai, è vero. Ma con lei non verrà mai meno nemmeno quel valore aggiunto, che per me è una fortuna: lui non è né più né meno degli altri figli".

Perché la decisione di fare da testimonial a Pro Vita e famiglia?
"All'inizio la proposta è arrivata quasi per scherzo. Noi frequentiamo la stessa parrocchia di persone che sono attive in Pro vita e Famiglia e loro cercavano qualcuno per lo spot del 5 per mille dello scorso anno. Pro vita e Famiglia si batte per la vita, per qualsiasi forma di vita, ed è stato un orgoglio farlo partecipare e anche un po' una scommessa per Piergiuseppe, che non parla. Ma comunica tantissimo: a parlare sono i suoi occhi, anche nell'immagine che c'è sul volantino della giornata mondiale della sindrome di Down. Quello che non riesce a dire con la lingua lo fa coi gesti. Lui si è divertito tantissimo. In generale, ma soprattutto in questo periodo in cui si parla di morte, trovare in giro per le strade i manifesti e la scritta pro vita mi rallegra e in questo progetto noi volevamo metterci la faccia".

Oggi è la giornata mondiale della sindrome di Down. È importante che ci sia un giorno dedicato a questo tema?
"In generale a me non piacciono le giornate specifiche. Da una parte sono utili, perché si parla di quella particolare tematica e le persone se ne ricordano, ma per i restanti 364 giorni dell'anno noi genitori ci troviamo ad affrontare una battaglia e a scontrarci con la burocrazia. Mi piacerebbe che fosse il contrario: una giornata di problemi e il resto dell'anno senza. Ben venga anche la giornata dedicata, ma in generale noi siamo un po' dimenticati, a volte ci sentiamo persi e soli. Le racconto l'ultima che ci è capitata, a titolo di esempio: a luglio l'Inps ha perso tutta la nostra documentazione, per cui noi risultavamo i genitori di un figlio non disabile e non potevamo accedere ai sussidi e alla terapia logopedica. Poi, col lockdown sono arrivate altre difficoltà".

A proposito di lockdown, com'è cambiata la vostra quotidianità con il Covid-19?
cambiata totalmente per tutti e per Piergiuseppe ancora di più. A lui è andata meglio che ad altri, perché ha vissuto la famiglia in senso stretto e avendo altri tre fratelli ha avuto la possibilità di relazionarsi con loro. La fortuna è stata anche avere una casa col giardino e gli animali. Però è rimasto fermo con le attività a cui era abituato, dal rapporto con amici e compagni, allo sport fino alle terapie, con le quali è rimasto a un anno e mezzo fa. Per fortuna, da lunedì ricomincerà ad andare a scuola, perché fargli seguire la didattica a distanza era impossibile, non riusciva a stare fermo davanti al computer, nonostante il rapporto con l'insegnante di sostegno, che non è mai venuto meno. In questo periodo si è perso molto e abbiamo dovuto cambiare un po' tutto della sua quotidianità".

Quel messaggio vorrebbe arrivasse a chi legge le sue parole?
"A chi sta per mettere al mondo un bambino con la sindrome di Down vorrei dire di non spaventarsi, perché è un regalo per la famiglia: a noi Piergiuseppe ha dato e dà tantissimo. Non bisogna abbattersi né spaventarsi, ma accogliere queste vite come un dono.

Un nostro amico prete ci ha sempre detto che i bambini disabili sono angeli che il Signore manda per allietare le famiglie e sono il valore aggiunto che arrivano a completare quello che uno non ha o ciò non si aspetta nemmeno di avere. E se qualcuno non se la sente a tenerli con sé, può farli nascere comunque perché qualcuno che li adotta c'è".

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