“Sono contenta di aver vissuto un amore come quello tra me e mio marito, un amore che vivo ancora oggi”. Zakia Seddiki, moglie dell'ambasciatore Luca Attanasio, ucciso in Congo nel febbraio 2021, lo ha ripetuto più volte parlando ai giovani studenti incontrati oggi ad Agrigento.
Qui ha presentato un libro dedicato al marito e scritto dal giornalista Fabio Marchese Ragona. In quella frase c'è tutto il senso sia della scomparsa, di quella triste sensazione data da una forzata lontananza, e sia però anche dell'importanza di tenere viva una persona cara tramite il ricordo. È in quest'ultimo elemento che Zakia ha trovato sicuramente forza e conforto.
L'abbiamo incontrata a margine della conferenza tenuta nella città siciliana. Non c'è nel suo volto un velo di tristezza e anzi, non appena si inizia a parlare del marito, è un fiume in piena fatto di ricordi e aneddoti, così come di un elogio del suo operato interrotto assieme alla sua vita in Africa.
“Luca – ha dichiarato Zakia ai nostri microfoni – è una figura che non possiamo dimenticare. Né noi e né l'Italia intera. Ha saputo rappresentare al meglio la sua patria e ha portato un messaggio di speranza ancora oggi molto attuale”.
Cosa è successo in quel 22 febbraio è avvolto nel mistero. Le autorità congolesi il 19 gennaio hanno arrestato sei ragazzi, uno dei quali del movimento 23M, uno dei tanti attivi tra Goma e Rutshuru, lì dove Attanasio è stato ucciso assieme al carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci e all'autista Mustapha Milambo.
Il padre di Luca Attanasio non ha mai creduto però alla bontà delle indagini locali. Proprio ieri all'AdnKronos ha lanciato un nuovo appello a Draghi e Mattarella affinché si facciano le dovute pressioni sul governo di Kinshasa per arrivare alla verità. E ha confidato nella prossima visita del Papa “per cancellare – si legge nelle sue dichiarazioni – l'oblio che non sta portando alla verità”.
Zakia però sulle indagini non vuole entrare nel merito. Per lei per il momento è importante concentrarsi più su quello che oggi può dare il ricordo del marito, delle sue attività e del suo operato in terra d'Africa. Lasciando forse al tempo l'onere di scavare il sentiero che porta alla giustizia terrena.
Non si è sentita lasciata sola dal mondo diplomatico a cui Luca Attanasio apparteneva e questo per Zakia è già tanto. “Dobbiamo essere orgogliosi della diplomazia italiana – ha sottolineato – anche in quello che sta succedendo in Ucraina rivedo molto la diplomazia che ho conosciuto al fianco di Luca”.
Quando accenna alla guerra a Kiev, cita subito Pier Francesco Zazo, l'ambasciatore nel Paese dilaniato dal conflitto. “Non è voluto andar via – ha ripetuto più volte – è voluto rimanere nonostante le difficoltà. Proprio come Luca, Zazo sente questo lavoro come una missione”.
C'è poi un concetto molto caro alla moglie di Attanasio. È quello di periferia, termine non a caso citato anche durante la conferenza. “Luca è un ragazzo partito dalla periferia e che ha fatto carriera diplomatica per andare poi a rappresentare l'Italia nella periferia del mondo”. Un esempio, secondo Zakia, per i giovani che vogliono approcciarsi a questo lavoro e non solo.
“Vede – rimarca poi a fine intervista – spesso si ha l'idea che un ambasciatore o un rappresentante diplomatico all'estero faccia le serate in giro per il mondo, ma invece no. Con Luca ho visto una diplomazia umana, fatta di missioni. A lui la scrivania non bastava. Ecco, il messaggio è proprio questo: dall'ufficio non tutti i problemi si possono risolvere, occorre stare sul campo”.
Su quello stesso campo in cui poi l'ambasciatore è stato ucciso. Non c'è ancora un perché, ma si sta cercando almeno di dare un senso a quella morte.
Un senso dettato dal ricordo e da un messaggio ben preciso: occorre essere animati da una missione per raggiungere un obiettivo. Per Luca Attanasio la missione era rappresentare l'Italia all'estero e vivere fino in fondo le problematiche di territori dove il nostro Paese può e deve essere presente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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