Tra il 1968 e il 1985, 8 duplici omicidi sconvolsero la campagna di Firenze. È il mostro. Il più feroce ed efferato serial killer italiano autore di atroci delitti nell’arco temporale di 17 anni, anche se negli anni ci furono due momenti di "pausa", tra il 1968 e il 1974 e tra il 1974 e il 1981. Uccise 16 persone. Otto coppie vennero sorprese dal Mostro mentre erano appartate nelle campagne toscane. Il mostro per i suoi delitti usò in tutti i casi le stesse armi: una pistola Beretta semiautomatica della serie 70, calibro 22 di tipo Long Rifle, caricata con munizioni Winchester marcate con la lettera H sul fondo, e un'arma bianca, probabilmente un coltello. Dal terzo duplice omicidio del 1981, inoltre, il killer asportò parte del pube e poi anche della mammella sinistra, accanendosi sulle vittime femminili. In tutti gli omicidi quindi il mostro usò lo stesso modus operandi.
Ma soltanto nel 1989 le indagini sembrano avvicinarsi alla svolta. Un pool di investigatori passa giorno e notte a rileggere verbali, controllare archivi, vecchie annotazioni, e nuove testimonianze. Il colpo di scena arriva tra il 25 aprile e l'8 maggio 1992 quando durante una maxi perquisizione a casa di Pietro Pacciani vennero trovati una cartuccia calibro 22, di tipo Long Rifle, con una H incisa sul fondo, e alcuni oggetti presumibilmente appartenuti alle due vittime tedesche. Sull’uomo pesava la sua condotta violenta e le testimonianze che lo descrivevano come "guardone", che spiava le “coppiette”.
Così nel settembre del 1994, la Corte d'Assise di Firenze condannò all'ergastolo Pacciani, considerandolo colpevole di 7 degli 8 duplici omicidi (tutti tranne il primo), ma il 13 febbraio del 1996 l'uomo venne assolto dalla Corte d'Appello.
Qualche mese dopo, la Corte di Cassazione annullò la sentenza dell'Appello, ordinando un nuovo processo d’appello per il contadino di Mercatale. Ma alla vigilia dell'apertura del processo, il 22 febbraio 1998, Pietro Pacciani venne ritrovato morto nel suo appartamento.
Nel frattempo però le indagini erano proseguite seguendo il filone dei compagni di merende che vedeva implicati Mario Vanni, postino di San Casciano e Giancarlo Lotti, discusso personaggio della campagna fiorentina. Nel febbraio del 1996, Vanni venne arrestato per concorso in duplice omicidio insieme a Pietro Pacciani, che negli stessi giorni venne assolto senza che il giudice ammettesse in processo i testimoni che resero le dichiarazioni decisive contro Vanni.
Successivamente Lotti ammise di aver partecipato a quattro omicidi e finì a processo, nell'ambito dell'inchiesta sui "compagni di merende". Nel marzo del ’98 la Corte d'Assise di Firenze condannò Vanni e Lotti per quattro duplici omicidi. Vanni fu condannato all’ergastolo mentre Lotti a 30 anni, ridotti a 26 anni in appello. Nel 2000 la sentenza è diventata definitiva. Vanni è morto nel 2009, Lotti nel 2002.
Ma, a distanza di oltre 50 anni, i dubbi su questa storia sono ancora tanti e i delitti sono rimasti senza un colpevole. Anche l’ultima inchiesta della Procura di Firenze sull’ex legionario Giampiero Vigilanti e sul medico Francesco Caccamo si è chiusa con un’archiviazione.
Le ipotesi più suggestive continuano a rincorrersi e nelle ultime settimane alcuni quotidiani hanno pubblicato la notizia di un ulteriore possibile collegamento tra un ex militare Usa Joe Bevilacqua, ex direttore del cimitero americano dei Falciani e testimone ‘chiave’ nel processo contro Pietro Pacciani, il serial killer americano Zodiac e il Mostro di Firenze. Bevilacqua, ora pensionato, avrebbe ammesso ad un giornalista “di essere il responsabile degli omicidi del serial killer fiorentino e del "californiano" Zodiac”. Un’ipotesi da film, che non meraviglia visto che sulle vicende del Mostro di Firenze si continua a parlare da anni.
Sull’argomento abbiamo chiesto un’opinione a Mike Rodelli, scrittore Usa, esperto del caso del serial killer Zodiac a cui ha dedicato un libro che sul web sta spopolando. Rodelli ha acquisito notorietà Oltreoceano per aver individuato in un imprenditore di origine norvegese, che viveva in California, il serial killer Zodiac, tesi contrastata però dall’Fbi. Zodiac e il Mostro di Firenze sono la stessa persona, gli chiediamo nel corso di una videochiamata con gli Usa.
“Mi rifiuto di pensare che Joe Bevilacqua possa essere sia Zodiac che il Mostro di Firenze”, taglia corto Rodelli. “Zodiac uccideva per sopraffare le vittime e non era un predatore sessuale, mentre il mostro commetteva omicidi di rabbia a sfondo sessuale”, spiega ancora. “L’ipotesi che un assassino con le caratteristiche di Zodiac fosse coinvolto in omicidi di questo tipo è altamente improbabile”, chiosa l’esperto Usa. Secondo Rodelli, Bevilacqua “è automaticamente escluso dal profilo di Zodiac”, ma anche Pacciani “non è il mostro di Firenze”.
E proprio sull’identità del serial killer delle coppiette, Rodelli sviluppa una sua teoria ben precisa. “È un piquerista”. Per lo scrittore Usa “il Mostro è, ovviamente, noto per i suoi crimini successivi, del 1981-85, quando commise le mutilazioni delle vittime femminili”, “ma è il delitto del 1974 di Borgo San Lorenzo quello che credo ci dica di più di lui” sotto questa forma maniacale legata all’uso di lame. “Entrambe le vittime, Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini, sono state inizialmente uccise mentre sedevano in auto, poi la donna è stata pugnalata per una cifra astronomica di volte”, spiega Rodelli.
Nel delitto del Mostro del 1974, prosegue lo scrittore Usa, “solo alcune coltellate sono state considerate fatali”, mentre invece “la maggior parte sono state descritte come ‘punture’ nel suo corpo. Ecco, per chiunque sia esposto alla creazione di profili, questo è un caso da manuale di piquerismo”. “Il piquerismo è una parafilia in base alla quale il maniaco trae piacere sessuale dal pugnalare, penetrare, affettare o tagliuzzare la carne” con lame quindi “il ‘pungere’ il corpo di una persona più di 90 volte è come se dicesse di essere un piquerista”.
Ma perché il Mostro spara e uccide ma poi rimane sul luogo del delitto a maneggiare una lama sui cadaveri rischiando di essere scoperto? “Proprio perché come piquerista gli piaceva la sensazione di agire sui corpi con il coltello”, suggerisce lo scrittore secondo il quale peraltro c’è una certa “ironia del caso”: “Per anni si parla della pistola e apparentemente il Mostro ha usato la stessa Beretta per una lunga serie di crimini e pure gli stessi proiettili, invece – afferma – ciò di cui la
gente avrebbe dovuto parlare è la sua ossessione per il coltello. Questo è ciò che alla fine potrebbe identificare l’assassino dopo così tanti lunghi anni”.Traduzione dialoghi di Camilla Castiglioni
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