Mostro o mascotte? Le due vite del topo

Mostro o mascotte? Le due vite del topo

Ci riesca o no, brava Virginia Raggi a lanciare la sua crociata anti topi! Anche coraggiosa. Perché malgrado questi animali siano invadenti e a lasciarli fare piuttosto pericolosi (per secoli le loro pulci hanno portato la peste tra gli uomini), oggi il loro status e la loro immagine è notevolmente cambiata. Da sempre il loro rapporto con lo sporco, i rifiuti, e il mondo sotterraneo li aveva collegati (nella maggior parte delle culture) coi demoni e le divinità degli inferi, di cui erano visti come emissari, rappresentanti, subdoli servitori per portare disgrazie tra gli uomini. Ma nella modernità il ratto conosce una nuova stagione. Diventa popolare, addirittura amato.

Tra i personaggi della cultura popolare del Novecento e di oggi i topi infatti si moltiplicano, ma appaiono sempre meno come mostri e vengono anzi presentati come carini e simpatici. Si cerca addirittura di fare nascere un'amicizia e un'intimità tra i topi e i bambini, che a lasciarli fare ne avrebbero solo schifo, o, i più audaci, li ucciderebbero a sassate. L'operazione è però riuscita, alla grande. Topolino è ormai da quasi un secolo un caro amico dei bambini (lo è stato anche per me, per un bel pezzo), seguito poi da topi anche molto più melensi di lui, tipo l'ipercoccolato Topo Gigio, toporagno ed altri ancora. Oggi una «casa di Topolino» (questo davvero piuttosto bruttino) sta facendo il giro delle stazioni d'Italia, indebolendo ulteriormente le reazioni di avversione dei piccoli verso l'infido roditore, oltre che il senso estetico.

Vale forse la pena di chiedersi perché un mostro millenario dell'immaginario e dell'inconscio collettivo, portatore di epidemie, viene trasformato proprio nella civiltà dell'igienismo sfrenato nel più caro amico dei piccoli. C'entra di certo l'attenzione ossessiva a togliere sistematicamente tutto ciò che è inquietante (a cominciare dalla morte, sostituita da eufemismi perfino negli annunci mortuari) dalla cultura del popolo, oggi trattato come la plebe romana, stordita a colpi di pane e giochi, così sta più tranquillo. C'è però anche un aspetto più profondo, che riguarda lui, il ratto. E qui sta il coraggio, forse inconscio, di Virginia, sindaco di Roma. Perché il topo, animale collettivo, che si muove solo in masse, e si ciba di rifiuti (compreso quelli tecnologici: reti, plastiche, cemento, cavi, condutture), è il difficilmente evitabile socio dell'uomo delle grandi società di massa, che esso infesta implacabilmente.

Il poeta Thomas S. Eliot lo rappresenta nel suo La terra desolata, grande affresco del mondo moderno, mentre «striscia il ventre melmoso sulla sponda dello... spento canale» di Londra, e ne fa il fedele compagno del contemporaneo uomo vuoto: «gli uomini impagliati / che appoggiano l'uno l'altro / la testa piena di paglia».

Il ratto, ossessivo, oscuro e pestilenziale, è infatti l'animale compagno del conformista, l'uomo cresciuto col «pensiero unico», nemico della luce, della libertà personale e dei mondi superiori. È un'immagine del mondo simbolico dell'ordine collettivista, iperrazionalista (il topo è calcolatore e superpratico) e anaffettivo degli inferi, che porta con sé la morte. Spezzare i suoi legami sotterranei con l'uomo non è mai stato semplice.

Lo racconta benissimo l'antica leggenda tedesca del «Pifferaio magico» (di cui esistono molte versioni), trascritta dai fratelli Grimm e poi messa in poesia da Goethe, e in musica persino dai Led Zeppelin, Edoardo Bennato, i Radiohead, Eminem e altri. In essa c'è una città, Hamelin, infestata dai ratti, e c'è un borgomastro che vuole disinfestarla. E ci sono anche dei bambini: i primi alleati che Virginia Raggi, ha scelto (con ottimo senso della comunicazione), per la sua battaglia. Si candida all'impresa (già difficile fin da allora in Bassa Sassonia, figuriamoci oggi, a Roma) un uomo con un piffero. Il borgomastro accetta e promette anche un buon compenso. L'uomo col piffero comincia a suonare, incamminandosi verso il fiume Weser (Tevere?). E i topi, che sono conformisti, e anche amanti di canali e fiumi e porcherie sugli argini, lo seguono, e ci annegano. L'operazione è riuscita. Ma gli abitanti di Hamelin si rivelano spergiuri. (Chissà cosa fanno i romani?) Allora il pifferaio, mentre i cittadini sono in chiesa, riprende a suonare; i bambini - che a volte vanno dietro ai pifferai - lo seguono, e lui per punire la città li chiude in una caverna e li lascia lì. Così vanno le cose coi topi, altro che Topo Gigio.

Insomma, spezzare gli oscuri rapporti tra l'uomo e il topo non è mai stato semplice. Oggi poi, che il topo è diventato Topolino (alleato con l'uomo di legge Basettoni contro il simpatico Gambadilegno), lo è meno ancora.

Giusto allora dare battaglia, e sacrosanto istruire i bambini a difendersi, risvegliando il loro istintivo schifo e aggressività. Poi bisognerà però mantenere le promesse. Anche se i cittadini non volessero pagare il prezzo. Carissimi auguri, Virginia!

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