È difficile accettare che 14 persone siano morte per una scelta consapevole. Lo sarebbe anche se si fosse trattato di un errore umano, ma sapere che la cabina della funivia del Mottarone è caduta, con a bordo l'intero carico umano, perché è stato deciso di disattivare i freni di emergenza per evitare perdite economiche su un sistema non perfettamente funzionante è inconcepibile. Tra i tre principali indiziati come responsabili di questa immane tragedia c'è Gigi Nerini, il gestore di quella funivia. Fino a domenica era considerato un uomo di sani principi, molto conosciuto nella sua Stresa. Oggi, quelle che fino a ieri erano considerate opere di cui dargli merito diventano ulteriore motivo di biasimo da parte dei suoi concittadini.
La filantropia
Nei primi anni Duemila, Gigi Nerini si è fatto promotore della nascita del circolo verbanese del Kiwanis. Si tratta di un'organizzazione di volontariato il cui scopo è quello di "aiutare i bambini di tutto il mondo". Nel corso del tempo, Nerini pare abbia anche finanziato personalmente alcuni progetti, ricevendo il plauso dei concittadini, gli stessi che oggi usano quegli slanci di volontariato per accusarlo. Il paese è piccolo, la gente mormora e per molti, con la vicenda del Mottarone, Gigi Nerini ha mostrato il suo vero essere. Sul lungolago da domenica non si parla d'altro e il gestore è al centro dei discorsi. Si dice che con il volontariato volesse "darsi un tono", fare come i ricchi filantropi.
Il Corriere della sera, che ha parlato con alcuni amici e familiari che preferiscono restare anonimi, spiega che il suo scopo nella vita era quello di raggiungere uno status sociale. Non tanto a livello economico, visto che il suo benessere non era né florido e nemmeno solido, quanto più agli occhi dei suoi concittadini. La pandemia, come a tutti, anche a Gigi Nerini ha causato un ingente danno economico. La funivia è stata forzatamente chiusa per oltre un anno e quella per lui era l'unica fonte di reddito. Va da sé che per non crollare e non fallire, come spiega il Corsera, sia stato costretto a ipotecare la splendida casa di famiglia.
La situazione economica
Villa Claudia a Stresa è un'antica dimora del XIX secolo, una delle tante che si trovano in questo paese sul lago Maggiore, da sempre meta di ricchi turisti italiani e stranieri. Quella villa, oggi, è in decadimento e si notano i segni del tempo che avanza inesorabile senza che vengano attuati interventi di ristrutturazione. "Una casa bellissima, abitata da gente che non può permettersi di mantenerla", dice al cronista del Corriere un abitante del condominio di fronte. Forse, ancora una volta una conferma della volontà di imporsi come membro più in vista della sua comunità, senza però averne le possibilità.
La storia della sua famiglia è molto simile a quella di molte altre della zona. Il padre era un piccolo industriale tessile ed è proprio nella fabbrica di famiglia che Gigi Nerini si affaccia al mondo del lavoro non ancora maggiorenne. L'azienda del padre, poi, fallisce nel 1987 e lui va a lavorare nella ditta di trasporti di suo nonno, che in quel periodo era in massima espansione con ben 30 autobus che accompagnavano i turisti sulle vette intorno alla cittadina, dove oltre al Mottarone si trova anche il monte Zeda. Tutto questo fino al 1997, quando l'azienda venne ceduta. Da Pietro Vallenzasca, ex consigliere comunale di Italia nostra, viene definito come "uno che si arrangiava, che grattava il muro con le mani coltivando rapporti, provandoci in ogni modo, ma che non ce l’ha mai fatta davvero".
La gestione della funivia
Gigi Nerini non fa parte del ristretto circolo dei veri ricchi di Stresa, che sono tanti e lavorano per lo più nel settore alberghiero. Sul lungolago di Stresa, infatti, ci sono alcuni degli hotel più famosi del mondo. Lui doveva lottare per guadagnarsi la sua fetta di torta. "Per lo sviluppo del turismo c’è spazio solo in alto", diceva. A causa di una gestione non ottimale, col tempo fu costretto a dismettere le strutture che suo padre ottenne dal ministero dei Trasporti quando venne chiusa la ferrovia a cremagliera, sostituita proprio dalla funivia. Ma aveva anche rischiato di perdere la concessione di quella funivia in passato, proprio per l'incuria con la quale la gestiva.
Uno degli ultimi a sentirlo, come racconta il Corriere della sera, è stato Andrea Lazzarini. Lui gestisce il sito della funivia del Mottarone e lunedì mattina avevano concordato due righe da inserire in homepage. "Faccio avanti e indietro su quella cabina tutto il giorno. Se sapevo che c’era qualcosa di pericoloso non avrei mai rischiato la vita dei miei figli", gli avrebbe detto Nerini.
Entrambi i figli di Nerini quella mattina hanno utilizzato la funivia. Lavoravano insieme al padre alla gestione dell'impianto e quel giorno sono saliti in vetta con quello stesso impianto. "Avrebbero potuto esserci loro", ha rivelato a Lazzarini, senza aggiungere altro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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