Nella tomba non c'è il figlio. I genitori non vengono risarciti

Oltre il danno, la beffa: coppia di Pozzuoli condannata al risarcimento delle spese legali per aver intentato causa al cimitero dopo la scomparsa delle spoglie della loro bambina

Nella tomba non c'è il figlio. I genitori non vengono risarciti

Piangere per anni il proprio figlio e scoprire che, invece, sotto quella croce c'era un altro bambino. Un incubo vissuto da due genitori di Pozzuoli che una volta scoperto lo scambio di persona ha intentato una causa che, però, non ha avuto successo. Una storia incredibile quella raccontata dal quotidiano Il Tempo, conclusasi con il rifiuto al risarcimento dei danni. "Perché il culto dei defunti si può onorare con preghiere e ricordi indipendentemente da chi sotto terra è effettivamente seppellito", ha sentenziato l'ottava sezione civile della Corte di appello di Napoli.

Sergio e Anna, questo il nome dei due genitori protagonisti della triste vicenda, hanno intentato la causa al cimitero di Pozzuoli. La loro bimba è nata prematura nel 2003 ed è deceduta appena poche ore dopo il parto. Per lei, era stata prevista la sepoltura sotto la croce 57, o almeno così sapevano i suoi genitori. Per settimane Sergio e Anna si sono recati al cimitero di Pozzuoli per portare i fiori sulla tomba di quella che credevano essere la loro figlia, finché un giorno non hanno fatto la terribile scoperta. Al loro arrivo hanno trovato altri fiori, che non erano i loro e hanno conosciuto una donna che piangeva per la sua creatura morta dopo il parto, che sosteneva che lì fosse sepolta sua figlia.

Superato lo sconcerto iniziale per le due famiglie è stata avviata un'inchiesta penale. Il pubblico ministero stabilì che "alla croce n. 57 era sepolto il cadavere di un altro bambino mentre non erano più presenti i resti della figlia dei coniugi Sergio e Anna, le cui spoglie erano sparite. Tale incresciosa situazione era senza dubbio conseguenza diretta e immediata di un errore esclusivo del personale addetto ai servizi del Cimitero di Pozzuoli". Una pronuncia senza margine di interpretazione, che il pubblico ministero ha attribuito a "negligenza, omissioni e gravi superficialità organizzative".

Eppure, anche in appello è stato rifiutato il risarcimento perché la pietà per i defunti non è "fra i diritti costituzionalmente tutelati e inviolabili". Per la legge, la sparizione della salma del defunto non è rilevante, perché "il sentimento di pietà per i defunti, inteso quale diritto soggettivo degli attori ad esercitare il culto dei propri morti, non è di necessità automaticamente leso in vicende come quella in esame. I genitori infatti potrebbero sempre continuare a praticare i riti tipici del culto dei defunti, contraddistinto da una spiritualità che si esprime in larga parte in preghiere, ricordi, pensieri, commozioni".

Inoltre, Sergio e Anna sono stati anche condannati a pagare le spese processuali per un totale di 9.515 euro, a cui deve aggiungersi il 15% di spese forfettarie.

Poco meno di 11mila euro per una sentenza difficile da accettare, arrivata dopo ben 18 anni, che ha condannato ulteriormente due genitori che hanno subito il dolore più grande un essere umano può essere in grado di provare.

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