Due le possibilità: o la magistratura non conta niente (s'intende l'inchiesta ligure che ha disarcionato l'ex governatore Giovanni Toti) oppure la magistratura è divenuta elettoralmente un marker negativo, nel senso che la sua azione porta addirittura voti all'oggetto delle sue inchieste. In altre parole: o la credibilità della magistratura è ai minimi storici e l'ha trasformata in fattore ininfluente (s'intende la magistratura in generale e quella ligure in particolare) oppure la sua attenzione viene tradotta come la conferma che l'operato di una parte politica era quello giusto. In altre parole ancora: o la magistratura non conta niente perché non ha cambiato niente, oppure conta solo politicamente al pari di chi politicamente l'ha fiancheggiata: ossia coloro che ieri hanno perso.
Poi ovvio, non si parla de «la magistratura» in toto ma di una magistratura ritenuta politicamente riconoscibile (dagli elettori liguri in particolare) per quanto sia stata spalleggiata d'ufficio dai vertici nazionali della corporazione; inoltre, elettoralmente, da un lato abbiamo la forza vincente (il centrodestra) che aveva pubblicamente invitato a non trasformare in voto in Liguria in un derby con la magistratura, e questa forza appunto ha vinto; dall'altro invece abbiamo la forza perdente, il centrosinistra, che sull'azione della magistratura aveva impostato buona parte della sua campagna elettorale in stretta relazione con alcuni media che sono stati inquadrati in un tutt'uno indivisibile: sinistra, magistratura e mass media. Un classico.
Una lettura troppo diversa suggerirebbe che oltre metà dell'elettorato ligure sia teoricamente disonesto, complice, magari anche stupido perché avrebbe votato centrodestra a discapito di un'inchiesta che riteneva fondata e quindi a favore di un «sistema Toti» che non faceva il pubblico interesse e premiava quello di pochi: ma sarebbe imbarazzante se fosse riproposta in chiave regionale una divisione tra un elettorato migliore e uno peggiore. Circa l'affluenza alle urne poi si esprimeranno gli esperti, che peraltro hanno già citato il maltempo: ma non stupirebbe se parte dell'elettorato fosse anche stufo di votare per un governo che già avevano, per un governatore che già avevano; l'azione della magistratura, ergo, può aver avuto un effetto demoralizzante per chi abbia ritenuto fondata l'inchiesta ma anche per chi l'abbia ritenuta pretestuosa, ed è anche così che certa magistratura sta ammazzando una politica che già soffriva di suo.
Dopo di che ci abbiamo girato attorno abbastanza: il carattere mediamente informato del voto locale non può prescindere dalla specificità di un'inchiesta clamorosa e per alcuni aspetti davvero mai vista. Non è stata un'indagine normale. Quindi non è stato un voto normale. I liguri hanno votato dopo che l'arresto del governatore (383mila preferenze in rappresentanza del 56 per cento dei votanti) era rimasto sulla scrivania dei giudici per più di quattro mesi, mentre le indagini e le intercettazioni duravano da quattro anni: non è stata chiara a nessuno l'esigenza dell'arresto; secondo la procura, ricevere finanziamenti iscritti a bilancio (e sbloccare pratiche, trovare soluzioni, fruire di spot pubblicitari, agevolare uno sponsor per un'opera pubblica) era e resta traducibile in corruzione, anche se non lo è nel resto dell'Occidente: va ripetuto che a Toti non hanno trovato un euro fuori posto.
L'inchiesta ha fatto passare il principio per cui se fosse stato rimesso in libertà, e se avesse governato ancora, Toti poteva inquinare le prove o ripetere il «reato» in virtù della stessa carica che lo aveva visto presidente della Liguria dall'11 giugno del 2015: non solo: l'ombra di quattro gatti siciliani trapiantati a Riesi (con cui ci sarebbe stato un voto di scambio senza lo scambio) secondo la Procura poteva ripetersi con le Elezioni Europee, anche se il governatore non era candidato; finite le Europee, la Procura ha esteso il «pericolo di reiterazione» a tutte le elezioni future. Giovanni Toti ha dovuto dichiarare che non si sarebbe candidato mai più. Tutto questo per che cosa? Per una condanna a 2 anni e 1 mese (senza carcere) e 1.
500 ore di «lavori di pubblica utilità» ma, soprattutto, per ottenere le sue dimissioni da governatore. La morale, dunque l'inchiesta tutta, si sono tradotte in un fatto politico e poco altro. Così come è politico il fatto di ieri: che, pur stremato, il centrodestra ricomincerà da dov'era rimasto.
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