Nessuno li può giudicare

Nessuno mi può giudicare. Gli scandali formano un treno interminabile, le chat svelano le manovre sottobanco di una casta in toga, il Csm va avanti a fari spenti fra dimissioni e delegittimazioni, ma la colonna sonora è sempre la stessa

Nessuno li può giudicare

Nessuno mi può giudicare. Gli scandali formano un treno interminabile, le chat svelano le manovre sottobanco di una casta in toga, il Csm va avanti a fari spenti fra dimissioni e delegittimazioni, ma la colonna sonora è sempre la stessa.

C'è, ci sarebbe, un tentativo di riforma necessario, anzi in ritardo sull'affanno del nostro sistema giudiziario: aggiungere alle valutazioni periodiche dei magistrati giudizi sintetici di una parola, come si fa a scuola, da sufficiente a ottimo.

Guai all'idea: l'Anm scrive subito un documento per denunciare il tentativo di comprimere la libertà dei giudici italiani. Certo, perché, si spiega, in questo modo i vertici della piramide potrebbero schiacciare la base con giudizi sferzanti o impietosi, del tutto discrezionali, sganciati dal merito e dettati invece dall'antipatia personale, dall'appartenenza ad una corrente avversa, magari dal litigio avvenuto in camera di consiglio su una certa sentenza.

Intendiamoci, l'obiezione può avere fondamento, a maggior ragione in un ambiente malato, squassato da lotte sotterranee e scontri per bande, come abbiamo appreso sbigottiti nei mesi scorsi. Ma il punto è un altro: quando si tocca la carne viva di questo potere si trova sempre un muro, una previsione apocalittica, una critica ad alzo zero.

Risultato: il sistema è imbalsamato nelle sue arretratezze e nelle sue contorsioni che nessuno dovrebbe giustificare e invece sono sempre lì. Come i pm che non lavorano, che non azzeccano una richiesta di rinvio a giudizio o di carcerazione preventiva; e come i loro colleghi che scrivono verdetti rasi al suolo nei gradi successivi. Se capita una volta amen, ma se succede spesso vuol dire che la professione non fa per loro. Dovrebbero fare le valigie, ma non capita mai, o quasi. E se vai a leggere le loro pagelle, pardon valutazioni, ti pare di avere davanti tanti Carnelutti, tutti maestri del diritto: le sbagliano in serie, ma i voti stanno sempre fra l'eccellente e l'ottimo e meno male che manca il superlativo. Non parliamo poi di quel che accade alla Disciplinare: un ammonimento, insomma un buffetto, chiude spesso vicende penose che ad altre latitudini finirebbero in un modo solo, con il licenziamento dell'incompetente che getta discredito sui colleghi e sul Paese.

Sarebbe ora di girare

pagina: basta con questi signori che cumulano ritardi e strafalcioni. E basta anche con le porte girevoli al confine della politica e basta con la vergogna del dei giudici distaccati nei ministeri. Invece, la musica non cambia.

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