Avevano messo in piedi e gestivano con grande accuratezza un vasto giro di droga con basi in Umbria, Emilia Romagna, Lazio e Campania i 14 nigeriani finiti in manette negli scorsi giorni.
Come riportato da “Umbria24”, il Gip Natalia Giubilei, che ha emanato l’ordine di custodia cautelare in carcere per i responsabili, parla di uno “stile di vita delittuoso finalizzato a procurarsi lo stupefacente e poi a rivenderlo”.
Gli africani coinvolti non hanno mai lavorato in Italia e la loro unica fonte di reddito era lo spaccio di droga, eroina nello specifico. Una rete complessa, con carichi di stupefacenti che provenivano da città come Padova, Modena, Reggio Emilia o Napoli, gestita unicamente da nigeriani, come attesta il pubblico ministero Manuela Comodi, che si è occupata di dirigere le indagini.“Un traffico di sostanze stupefacenti gestito esclusivamente da nigeriani dimoranti a Perugia che si riforniscono presso connazionali i quali, a loro volta, gestiscono collettori ubicati in diverse province d’Italia”.
Ancora c’è chi nega che possa esistere una connessione tra questi episodi ed un’associazione di tipo mafioso tra gli africani, abile ad arruolare le pedine, a gestire i rifornimenti e lo smistamento capillare nel territorio. È innegabile che serva un’organizzazione alle spalle che non può di certo dirsi improvvisata né casuale.
Le conferme di una strutturazione ben definita si possono leggere nelle pagine delle motivazioni alla base della custodia cautelare dei responsabili fermati dalle forze dell’ordine. “In questa rete di collegamenti capillare formata da nigeriani ognuno ha un proprio compito. C’è chi mantiene i contatti coi fornitori e organizza i viaggi, c’è chi si presta a fare da corriere ingerendo ovuli e viene remunerato di volta in volta, c’è chi si occupa della vendita ai clienti e percepisce i proventi poi reimpiegati nell’attività illecita”.
Una macchina, dunque, con degli ingranaggi complessi, ma ben oliati. Si aggiunga a ciò il fatto che gli spacciatori nigeriani, come confermato dal Gip Giubilei, sono per la stragrande maggior parte dei casi clandestini. “La maggior parte degli indagati pur dimorando a Perugia non ha un radicamento effettivo sul territorio se non quello legato all’attività delittuosa.
Quasi tutti risultano avere il permesso di soggiorno scaduto perciò sono da considerare irregolari”.Punto di ritrovo per i tossicodipendenti della zona era divenuto l’African Shop di Perugia, nei pressi del quale pusher e consumatori si davano regolare appuntamento per la compravendita di droga.
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