"Noi medici uniti contro il virus, al di là di gradi e specializzazioni"

La Società Italiana di Chirurgia rilancia il post di un giovane chirurgo in prima linea a Bergamo. “Nell’emergenza stiamo riscoprendo il valore profondo della nostra missione”

"Noi medici uniti contro il virus, al di là di gradi e specializzazioni"

Turni massacranti, una professione che torna a essere una missione nella sua ora più disperata, l’unità di intenti del sistema, operatori formati in poche ore sull’utilizzo di dispositivi che non conoscono, il lavoro svolto senza troppe discussioni anche a rischio della propria salute.

Se la narrazione di queste ore drammatiche si concentra molto sul “sacrificio” quotidiano di milioni di italiani costretti a stare a casa, ci sono centinaia di medici e operatori sanitari fuori dai riflettori che combattono quotidianamente una vera guerra, dolorosa e silenziosa, contro il Coronavirus. Sono loro ad aver evitato il collasso del sistema, anestesisti, cardiologi, chirurghi, ortopedici, uniti al di là di specializzazioni e “gradi”. Medici che hanno acquisito di fronte all’opinione pubblica e alle istituzioni un patrimonio di dignità, ammirazione e rispetto.

"Nonostante il chirurgo non sia impegnato in primissima linea nella gestione dei pazienti affetti da Coronavirus, siamo fortemente consapevoli dell’importanza del nostro ruolo, orgogliosi di condividere con tutti i nostri colleghi, in particolare anestesisti e rianimatori, responsabilità e scelte così impegnative” spiega Paolo De Paolis, presidente della Sic, la Società Italiana di Chirurgia. Per questo De Paolis ha deciso di rilanciare la testimonianza di Mattia, giovane chirurgo in servizio a Bergamo, che ha voluto condividere in un post sui social network l’esperienza delle sue ultime 48 ore di impegno in prima linea nell’attività di chirurgia d’urgenza accanto ai colleghi in corsia per fronteggiare la crisi sanitaria. Un messaggio di dolore, solidarietà, rimprovero verso chi mette a rischio tutti noi con comportamenti irresponsabili, ma anche di speranza.

'Dopo un weekend quasi per intero trascorso nell’ospedale dove lavoro a Bergamo, impegnato nelle attività di chirurgia d’urgenza e di reparto accanto ai colleghi attivi nella gestione dell’emergenza #coronavirus #COVID19, mi sento di condividere alcune riflessioni: è ammirevole come ciascun collega abbia per un attimo messo da parte la propria specializzazione e il proprio “grado” per fare “squadra” e fronte comune nella gestione della marea montante di pazienti con sintomatologia respiratoria fra pronto soccorso e reparto. Trovo affascinante la riscoperta del valore di “essere medico”, nel senso meno tecnico, più pratico, umano e al contempo autentico del termine. L’esigenza di girare per l’ospedale con mascherine chirurgiche ha reso più ovattata la comunicazione verbale portando in primo piano il linguaggio degli occhi, dai quali senza filtro trasparivano impegno, preoccupazione, fatica, fiducia, gratitudine. Tenendomi aggiornato sui siti delle principali testate giornalistiche e sulle pagine dei social che hanno rappresentato in questi due giorni la mia finestra sul mondo, strideva con un così grande impegno e con una simile dedizione l’irresponsabilità di quanti ritenutisi esentati dalla raccomandazione #stateacasa hanno affollato gli impianti di risalita dei comprensori sciistici, le autostrade per laghi e riviera, i treni diretti al sud prima dell’istituzione della zona rossa…nessuno mai chiederà loro conto di quanto superficialmente ed egoisticamente si siano comportati ma, lo sappiano, è stata davvero un’imperdonabile imprudenza. Al dilagare negli ultimi tempi del contenzioso medico-legale, dei titoli di giornale sulla malasanità, delle aggressioni nei confronti del personale sanitario di Pronto Soccorso fanno da contraltare in questi giorni striscioni di incoraggiamento affissi di fronte agli ospedali e innumerevoli attestati di stima via social nei quali medici, infermieri e personale sanitario vengono definiti “santi”, “eroi”… Lo spirito che anima l’agire di noi medici in questi giorni, posso assicurarlo, è il medesimo con cui svolgiamo quotidianamente la nostra attività nelle diverse specialità e discipline, esposti, per la natura della nostra arte, alla possibilità di insuccesso o di riuscita diversa dall’auspicato…condizione che ci fa passare le notti insonni, i weekend al telefono, spesso trascurando chi con amore (e pazienza!) ci sta accanto, molto più di quanto chi si senta tradito da un esito diverso dal prospettato possa anche solo lontanamente immaginare. Mi auguro che questa emergenza rientri quanto prima, con l’aiuto, prezioso, di chiunque vorrà rinunciare a un pezzettino della propria libertà per il bene comune.

Quando la bufera sarà passata possano tutti ricordarsi di quanta stima abbiano nutrito per i propri dottori e di quanto bello sia stato sentirsi accolti, confortati, aiutati, soccorsi da parte del personale sanitario, indipendentemente dall’impatto che questo maledetto virus abbia avuto nella vita di ciascuno. Grazie! Mattia".

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