Da San Giovanni a San Pietro, passando per la stazione Termini, Roma appare come una distesa infinita di accampamenti abusivi. Parchi, tunnel o sottopassaggi, ogni anfratto va bene per i clochard che cercano un posto dove ripararsi dal freddo, anche a rischio della propria vita. Dopo l’omicidio della senzatetto brasiliana uccisa a Porta Pia, infatti, sono in molti ad avere paura di vivere in strada. Ma nonostante i continui sgomberi effettuati dalla polizia municipale, l’amministrazione pentastellata non sembra riuscire a trovare una soluzione per l’esercito di invisibili che si rifugia nelle strade della Capitale.
Le favelas dell’Acquedotto di Nerone
A via di Santa Croce in Gerusalemme, a poche centinaia di metri dalla Basilica di San Giovanni in Laterano, il 18 ottobre scorso la Sezione Pronto Intervento Centro Storico della Polizia Locale, ha effettuato l’ennesima operazione di bonifica degli accampamenti di migranti e sbandati che erano sorti sotto i resti dell’acquedotto di Nerone, costruito per rifornire il ninfeo e il lago della Domus Aurea. Ma a distanza di poche settimane la situazione è tornata esattamente come prima. Sono le tre del pomeriggio quando ci inoltriamo in questa piccola area verde e, sotto gli archi, l'acquedotto è pieno di sporcizia, cartoni e coperte. Un ragazzo, forse bengalese, sta dormendo avvolto in un plaid.“Sto riposando, tra poco devo andare al lavoro”, ci dice dopo essersi svegliato al suono dei nostri passi. “Qui ci sono gli indiani, ma arrivano la sera, soltanto per dormire”, ci spiegano tre ragazzi, anche loro del Bangladesh, intenti a fumare hashish. Qui, raccontano i residenti, lo spaccio è all’ordine del giorno. Tra coloro che qui ci vivono o ci lavorano, cresce la preoccupazione. “Io sono di Napoli ma, ormai, Roma è molto peggio di Napoli”, si sfoga un barista a telecamere spente. E non mancano gli atti di vandalismo. “Qualche sera fa sono stati incendiati gli ombrelloni di un ristorante e hanno tolto una gomma ad una macchina”, denuncia una signora che abita a poche decine di metri dal parco.
Stazione Termini, tra degrado ed emergenza freddo
Ci spostiamo alla Stazione Termini, il principale snodo ferroviario della Capitale. Qui la situazione è ancora più drammatica. Le ripetute bonifiche non hanno sortito alcun effetto, come confermano i residenti del quartiere Esquilino. L’ultima risale alla fine di ottobre, ma, complice il freddo, dopo il tramonto, via Marsala si trasforma in una distesa di cartoni e coperte. “Più che di decoro è una questione di umanità: non è umano vedere questa fila interminabile di persone distese sui cartoni, fino a ieri non avevano neanche le coperte”, ci dice un ragazzo che lavora nei pressi della stazione. Sono più di cinquanta i senzatetto, per la maggior parte africani, che passano la notte qui o nel vicino Sottopasso Turbigo, dove tra le colonne e le auto che sfrecciano veloci c’è chi si prepara per la notte, cercando di ripararsi dal gelo alla meno peggio. Un senzatetto italiano che vive in un ostello lì vicino ci avverte: “Qui è pericoloso, bevono tutti ed ogni sera scoppia una rissa”. Mentre parliamo due agenti dell’Italpol cercano di allontanare una coppia di clochard visibilmente ubriachi. “È così tutti i giorni”, ci dice alzando le spalle mentre si incammina verso la vicina mensa della Caritas.
San Pietro, decine di clochard nei sottopassaggi del Terminal Gianicolo
“Oggi sono venuti i carabinieri, ci hanno detto di andare via, noi abbiamo preso le nostre cose abbiamo aspettato un po’ e poi siamo tornati”. Kasper, un clochard polacco che vive nel sottopassaggio del Terminal Gianicolo, vicino alla Basilica di San Pietro, scoppia a ridere (guarda il video). “È divertente, ma non per me”, aggiunge. Ma stavolta nella sua voce c’è un velo di malinconia. Abita qui da qualche mese assieme alla sua cagnolina. Questo tunnel che porta al terminal dove stazionano i bus turistici diretti a San Pietro era stato bonificato all’inizio dell’estate dalla polizia locale e ora è tornato ad essere il rifugio di decine di senzatetto. “A volte siamo dieci, a volte quindici”, ci spiega Richard, un ragazzo lettone, arrivato in Italia dalla Germania per trovare lavoro. Il lavoro non l’ha trovato, e neanche la casa. Così, mentre sogna un futuro in Inghilterra, è finito a vivere nelle viscere della città, a due passi dalle Mura Vaticane. Com’è vivere per strada? “È freddo, ma non abbiamo paura”. “Cosa potrebbe succederci di peggio?”, ci domanda abbozzando un sorriso.“Ci sgomberano, ma fuori fa freddo e quindi torniamo qui” ci spiega, “non c'è logica nel modo in cui ci trattano, non rubiamo, non siamo aggressivi, qualche volta capita che qualcuno beva troppo e finisce a cazzotti, ma niente di più”.
In fuga da Porta Pia: "Lì temevo per la mia vita"
Poco più in là riconosciamo una clochard colombiana che avevamo incontrato nei sottopassaggi di Porta Pia. Dopo l’uccisione di Norma Maria ha deciso di fuggire, terrorizzata dall’idea di poter fare la stessa fine della sua amica. "Quell’uomo veniva dietro anche a me sapete?”, ci confessa. “Quel giorno Norma Maria forse era ubriaca, lui l'ha portata lì e l'ha uccisa", racconta spaventata. E aggiunge: “Ho visto su internet le immagini della sua testa fracassata, sono rimasta sconvolta, così sono scappata e da cinque giorni ormai dormo qui”. “I miei vestiti sono ancora tutti là, ma non importa”, ci dice sorridendo. Ma è un sorriso amaro. “Anche se la gente ci passa davanti turandosi il naso e guardandoci come se fossimo porcheria, io preferisco vivere", conclude con gli occhi lucidi per il dolore.
Le luci della città iniziano a spegnersi e gli angoli delle strade a popolarsi di senza fissa dimora. E in molti si chiedono se l’amministrazione capitolina, oltre a programmare continui sgomberi spot, sarà capace di trovare una soluzione concreta prima che un altro invisibile della strada perda la vita (guarda le foto).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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