Le Olimpiadi della decadenza

Quelle in corso a Parigi rappresentano il punto di massima decadenza di questa manifestazione che è contro lo sport, lo umiliano a schiavo della propaganda

Le Olimpiadi della decadenza

Queste Olimpiadi sono insopportabili. Siccome non siamo fatti di sasso, il cuore batte: l'epica e la tenerezza avvolgono vittorie e sconfitte, come sempre. Ci si commuove per la carezza dell'eroe che consola il pianto dello sconfitto, i sentimenti sono portati dalla competizione sportiva, specie se coinvolge la maglietta della nazionale, al diapason. Ma questo accade non a causa delle Olimpiadi, ma nonostante le Olimpiadi. Quelle in corso a Parigi rappresentano il punto di massima decadenza di questa manifestazione che è contro lo sport, lo umiliano a schiavo della propaganda. Vero è che certi gesti di singoli hanno valore in sé, e bucano la camicia di forza che la tracotanza francese e la sua ideologia decadente gli han fatto indossare, ma bisogna pure saltar fuori con tutti e due i piedi dall'incantesimo perverso che la grandeur pretende di imporci sin dalla cerimonia iniziale. Lì si è capito subito che lo sport e i relativi atleti erano un pretesto, chierichetti ornamentali rispetto ad una liturgia che spazzava via qualunque segno della nostra civiltà occidentale, con il trionfo dei modi di intendere la vita della crème intellettuale che vuol calcare il suo piedino con le unghie laccate sul popolo bue, per educarlo alle nuove frontiere dei valori evangelici, dove Gesù e gli apostoli sono drag queen e il trionfo della civiltà sia il taglio della testa di Maria Antonietta che schizza di sangue il mondo. Una specie di sabba in mondovisione dove Macron si è vestito da Giucas Casella per ipnotizzare il mondo e onde fargli credere che la Senna sia un fiume cristallino anche se color del fango, e un pugile algerino, fotocopia di Monzon e con più testosterone di Gerard Depardieu, sia una gentile signorina. La plebe per fortuna non ci è cascata, il principio di realtà, che dice pane al pane, ha prevalso nelle teste quadrate della gente comune. Ma i comitati internazionali olimpici hanno dato ragione alle teorie marziane di genetisti fluidi mettendoci il timbro, e lo sport si è sottomesso, accettando di lasciar arruolare il mondo dell'epica sotto le insegne di Paese dei Balocchi, dove si vive in catalessi.

Più in piccolo, in sede locale, ma per l'Europa peserà alquanto, Le Figaro segnala che Macron sta lucrando alla grande sui Giochi Olimpici, in gergo simpaticamente detti JO. Si è appropriato dei simboli atletici nazionali, il nuotatore Marchand (quattro medaglie d'oro nel nuoto), e del judoka Riner (al terzo oro in altrettante edizioni dei Giochi), e la sua popolarità è risalita dalla tomba dov'era precipitata, grazie a una finzione di cartapesta che vellica il più classico vizio del popolo gallico: il sentirsi superiore qualunque fanfaronata emettano i suoi capi, a prezzo della verità e soprattutto del ridicolo. L'86 per cento dei citoyens è entusiasta della ciofeca fatta sorbire ai gonzi a costi apocalittici. I bilanci dello Stato francese, già conciati assai peggio di quelli italiani, rischiano di far esplodere tutta 'sta grandeur, come capitò alla Grecia a causa delle Olimpiadi del 2004. Con effetti di trascinamento tragici per l'Europa.

Pertanto, la mia idea è di abrogarle. Conduco una battaglia di minoranza ormai da trent'anni. Prima mi accontentavo non mettessero le tende in Italia, adesso ho ampliato le ambizioni. Vasto programma, direbbe Charles De Gaulle, relegandole nel campo delle utopie. Mi rendo conto: ci sono troppi interessi in ballo. Ma il vero vasto programma non solo irrealizzabile ma coscientemente ingannevole è la mitologia dei Cinque Cerchi, trasformati in religione obbligatoria. Sarebbe, nelle intenzioni di Pierre de Coubertin, il tempo in cui si armonizzano gli interessi divergenti delle Nazioni, da realizzarsi perciò simbolicamente ogni anno bisestile: come il 29 febbraio guarisce la zoppia del calendario, così l'appuntamento quadriennale olimpico spezzerebbe le spade. Neanche la Madonna a Lourdes ha mai preteso questo potere, figuriamoci Macron a Parigi con il suo rito pagano. Le Olimpiadi sono spesso servite come esibizioni apologetiche dei regimi più disgraziati. Hanno preparato guerre o hanno funzionato come minacce: vedi Berlino 1936, Mosca 1980, Cina 2008. Come i galli prima dei combattimenti le gigantesche cerimonie di apertura, le opere babilonesi costruite con dispendio ciclopico di risorse per ospitare gare insulse, sono l'equivalente dell'intimidazione con cui in natura, senza appalti e molto più civismo, esibiscono code colorate corna poderose e ruggiti possenti, galli, cervi, orsi e milioni di anni fa - delicati dinosauri per impossessarsi della femmina e guidare il branco. Ci insegnano da bambini che le Olimpiadi servono a costruire la pace nel mondo. Così fu in Grecia, dove si praticava la «tregua olimpica», e i conflitti cessavano per consentire il trasferimento dell'agone dai campi di battaglia agli stadi, inducendo forse a guerre meno brutali. In realtà le guerre di sterminio sono cominciate proprio a partire dalle Olimpiadi moderne. Quelle datate 2024 si svolgono mentre sono in corso 59 guerre in giro per il mondo, e nessuna di esse ha trovato una tregua nonostante l'invito appassionato di papa Francesco anzi ovunque assistiamo rassegnati a escalation.

L'esaltazione per le imprese o la delusione per i fiaschi degli eroi dotati di maglietta nazionale hanno congelato la paura della guerra e lo scandalo per l'orrore. I popoli si incantano, si arrabbiano, si vantano. Oppure, come nel mio caso, si annoiano. Ma il risultato è lo stesso. Ci siamo fatti distratti. Mentre si preparano le divise cachi e le tute mimetiche.

Vittorio Feltri

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