Una condanna a 14 anni di carcere per tutti i componenti della famiglia. È la richiesta del sostituto procuratore generale alla corte d'appello di Roma, Vincenzo Saveriano, nell'ambito del processo per la morte di Marco Vannini, ucciso da un colpo di pistola nella notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015.
Questa mattina, nel corso dell'udienza del processo d'appello bis, sono stati chiesti 14 anni di reclusione per Antonio Ciontoli, ma moglie Maria Pezzillo e i due figli, Federico e Martina, per concorso in omicidio volontario con dolo evenutale. Secondo la pronuncia della Corte di Cassazione dello scorso febbraio, infatti, la morte di Marco sopraggiunse in conseguenza delle lesioni e dal ritardo della richiesta di soccorsi che, se fossero stati tempestivi, avrebbero "scongiurato l'effetto nefasto". Quella notte, la famiglia Ciontoli fece due telefonate al 118 (una delle quali annullata), parlando di un ragazzo che aveva avuto di un attacco di panico e che si era ferito con un pettine a punta. Solamente verso l'una di notte, a circa due ore dallo sparo, Antonio Ciontoli riferì ai medici che il ragazzo era stato ferito da un colpo di pistola, ma per Marco era già troppo tardi e alle 3,10 morì. Secondo la Cassazione, "una condotta omissiva fu tenuta da tutti gli imputati nel segmento successivo all'esplosione di un colpo di pistola ascrivibile soltanto ad Antonio Ciontoli, che, dopo il ferimento colposo, rimase inerte, quindi disse il falso ostacolando i soccorsi". Per questo, tutti sono ritenuti responsabili per la morte del 20enne. Secondo il pg, "tutti i Ciontoli hanno avuto piena cognizione del fatto lesivo e devono poter rispondere di omicidio volontario con dolo eventuale, in concorso, perchè ritardando i soccorsi a un soggetto colpito da un colpo d'arma da fuoco, avrebbero dovuto prevedere che poteva succedere ciò che poi si è verificato (cioè l'evento morte)".
Nel caso in cui non venisse accolta la richiesta della reclusione a 14 anni per tutta la famiglia, il procuratore ha chiesto di ritenere i famigliari (Antonio Ciontoli escluso) responsabili di concorso anomalo, secondo l'articolo 116 del codice penale. L'articolo 116 recita: "Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l'evento è conseguenza della sua azione od omissione. Se il reato commesso è più grave di quello voluto, la pena è diminuita riguardo a chi volle il reato meno grave". In questo caso, la richiesta di condanna è per una pena di 9 anni e 4 mesi di reclusione.
Il procuratore generale ricorda come il processo sulla morte di Marco Vannini sia stato caratterizzato "da menzogne, bugie e reticenze messe in atto dalla famiglia Ciontoli e finalizzate a trovare una linea comune che potesse inquinare le prove. Obiettivo di tutti, assistendo alla morte per dissanguamento di un ragazzo di 20 anni, era evitare che si corresse il rischio che il sottufficiale della Marina militare Antonio Ciontoli, autore del colpo di pistola, perdesse il posto di lavoro". Antonio Ciontoli, la moglie e i due figli, "hanno fornito false informazioni ai sanitari scegliendo di rimanere inerti per 110 minuti, senza dare il via ad alcuna tempestiva richiesta di soccorso". Quelle tenute dalla famiglia Ciontoli sono state "condotte assurde, impensabili e inconcepibili", dato che nessuno ha dato peso alle "urla di dolore di un ragazzo di 20 anni che ha resistito tre ore solo perché era forte fisicamente".
"Mi auguro che questa richiesta sia accolta- ha dichiarato la mamma di Marco, Marina Conte, alle Iene- Non sono gli anni, ma deve passare un messaggio di giustizia perché loro erano tutti in quella casa e Marco si poteva salvare".
"Tutti hanno collaborato per 110 minuti ritardando i soccorsi. Ora non si parla più delle pistole, ma di questi ritardi", ha aggiunto.Nel corso della prossima udienza parlerà la difesa dei Ciontoli e il 30 settembre i giudici dovrebbero pronunciare la sentenza.
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