Omicidio Yara, tutti gli indizi contro Bossetti

Il dna, le immagini delle telecamere che riprendono gli spostamenti del furgone, le celle telefoniche, le intercettazioni. Sono questi gli indizi che l'accusa presenta contro Massimo Bossetti

Omicidio Yara, tutti gli indizi contro Bossetti

L'omicidio di Yara Gambirasio risale al novembre 2010 quando la 13 enne viene data per scomparsa e, poi, ritrovata il 26 febbraio 2011, in un campo incolto a Chignolo d'Isola. Dalle indagini, il 16 giugno 2014, emerge che il sospettato numero uno è Massimo Bossetti, muratore di 44 anni e padre di tre figli.

Bossetti viene accusato di omicidio con l'aggravante di aver adoperato sevizie e di avere agito con crudeltà, per giunta nei confronti di una minore. La pubblica accusa contro di lui porta diversi elementi: non solo il dna, ma anche le celle telefoniche, il furgone ripreso dalle telecamere, le fibre tessili e le sfere metalliche trovate sulla vittima.

La traccia biologica, rinominata 31G20, trovata sugli slip e sui leggings di Yara e attribuita al cosiddetto 'Ignoto 1' è la prova principale. Attraverso il match si risale al padre del presunto colpevole (Giuseppe Guerinoni, viene riesumata la salma), poi alla madre (Ester Arzuffi) che nega la relazione clandestina. Il dna nucleare, però, combacia con il sospettato, ma non il mitocondriale (indica la linea materna). Per il procuratore generale Marco Martani, l'analisi della traccia genetica porta a "risultati rassicuranti" con una "probabilità statistica che diventa assoluta certezza" e l'assenza del dna mitocondriale "non inficia in alcun modo la valenza del nucleare, l'unico che identifica in maniera certa una persona". Per i difensori, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, una traccia così pura "non può resistere più di poche settimane", ma soprattutto quel Dna "non è il suo, non c'è stato nessun match, ha talmente tante criticità - 261 - che sono più i suoi difetti che i suoi marcatori", dicono ricordando di non aver mai avuto accesso ai reperti. L'assenza di mitocondriale in quella traccia, che non ha le caratteristiche di una prova scientifica, va 'risoltà concedendo una perizia, non chiedendo "un atto di fede".

Secondo l'accusa le telecamere di Brembate di Sopra inchiodano Bossetti in quanto il suo furgone viene ripreso in un orario "compatibile" con l'uscita di Yara dal centro sportivo. Una foto satellitare del 24 gennaio 2011 sarebbe la prova che la 13enne è stata portata a Chignolo d'Isola solo successivamente, ma per l'accusa l'autopsia certifica che la 13enne è morta in quel campo incolto. Il 26 novembre 2010, giorno della scomparsa di Yara, l'ultima telefonata di Bossetti è delle 17.45, poi il telefono non riceve traffico fino alle 7.34 e l'ultima cella telefonica che aggancia è quella di via Natta a Mapello. Un indizio questo che certifica la presenza del presunto assassino in zona. Da alcune intercettazioni successive emerge "che quella sera rientrò a casa più tardi del solito" ma la difesa sostiene che l'imputato che fosse a casa quella sera e che agganciasse la stessa cella della vittima "un'ora prima e in direzione diversa".

Sulla vittima c'erano fibre "compatibili" con la tappezzeria dei sedili del furgone di Bossetti e vi sono state ritrovate anche sferette metalliche che indicano una persona che lavora "nel mondo dell'edilizia". "C'è stato un contatto con quei sedili o si è seduta su sedili come quelli?", si chiedono gli avvocati difensori che evidenziano come nel furgone sequestrato non ci siano tracce della vittima e lo stesso vale per le sferette, giudicate un elemento troppo comune. Bossetti non sa spiegare perché il suo dna si trova sugli indumenti della vittima ma alcune intercettazioni in carcere sulla descrizione del campo di Chignolo lo tradirebbero.

L'uomo "attratto dalle ragazzine" potrebbe aver tentato un "approccio sessuale" poi sfociato nel delitto. Le ricerche fatte dal pc familiare risalgono a dopo la morte della 13enne e "sono lecite" e non indicano alcuna perversione.

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