La Corte d'assise di Bergamo ha rigettato la richiesta dei legali di Massimo Bossetti, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio, circa la possibilità di esaminare i "reperti secondari" del delitto. Il collegio, presieduto da Donatella Nava, ha bocciato l'istanza spiegando che: "poggia sul falso presupposto dell'esistenza di irrisolte anomalie negli accertamenti eseguiti e posti alla base della condanna".
"No a esame dei reperti"
Lo scorso 26 maggio, la Corte di Cassazione aveva accolto l'istanza della difesa di Massimo Bossetti che aveva chiesto di poter aver accesso ai reperti ritenuti di "secondaria importanza" nel processo di condanna all'ergastolo per il delitto della giovane ginnasta bergamasca. Trattasi di quelle prove che la Procura definisce "scartini" ma che, secondo i legali del 51enne, avrebbero potuto giocare un punto a favore del loro assistito. La decisione era stata rimandata alla corte d'assise di Bergamo che, come anticipato dal programma televisivo Quarto Grado, ieri ha bocciato di netto la richiesta degli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini. Se accolta, l'istanza avrebbe potuto ribaltare la sentenza definitiva del caso aprendo a una eventuale revisione del processo.
"In questo Paese, la giustizia è un sistema"
"Questo è il nostro Paese che dire? C'è un giudizio di rinvio della Cassazione molto chiaro che è stato nuovamente disatteso. Ottenere le cose più banali in Italia sembra la cosa più difficile al mondo. Ottenere giustizia sembra veramente qualcosa di incredibile. Io non voglio usare parole tratte dal libro 'Il sistema' ma penso che stiamo veramente lottando contro qualcosa più grosso di noi". Lo ha detto a Telelombardia Claudio Salvagni, legale di Massimo Bossetti, dopo la notizia che la Corte d'assise di Bergamo ha resointo la possibilità di analizzare i reperti del caso Yara. "Al momento non ho letto ancora le motivazioni quindi mi riservo qualsiasi commento dopo la lettura - ha aggiunto l'avvocato -. Ad ora sembra che sia stata rigettata ogni nostra richiesta per cui sebbene veniamo da un giudizio di rinvio dalla Cassazione, Bergamo per l'ennesima volta ha ritenuto di non accogliere nessuna nostra richiesta. Anzi la cosa che voglio stigmatizzare da subito, non avevo detto prima per rispetto della Corte, però c'era stata una richiesta di trasmissione degli atti dalla Procura di Bergamo alla Procura di Venezia in quanto gli avvocati avrebbero calunniato la Procura stessa. Quindi un ennesimo tentativo di imbavagliare, di zittire la difesa molto molto grave che a questo punto vedrà anche la difesa passare al contrattacco".
La Procura di Bergamo, ha aggiunto ancora Salvagni "ritiene che le nostre parole e i nostri scritti siano calunniosi. Cioè noi avremmo accusato sapendo l'innocenza, avremmo accusato di reati la Procura di Bergamo.
Noi siamo degli avvocati, scriviamo e parliamo in nome e per conto del nostro cliente, e adesso andiamo fino in fondo per vedere chi ha fatto cosa e dove sono le responsabilità". Circa alla possibilità di presentare ricorso, invece, ha precisato: "Non ho ancora letto le motivazioni, le analizzeremo io e il mio collega Paolo Camporini e poi decideremo".
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