"L'hotspot va chiuso". Ma il Viminale manda altri clandestini

I 438 migranti della Sea Watch 3 sbarcheranno a Taranto ma anche l'hotspot pugliese presenta grandi criticità. Protesta la ong che voleva un porto in Sicilia

"L'hotspot va chiuso". Ma il Viminale manda altri clandestini

Dopo aver premuto per giorni contro il confine italiano meridionale nei pressi di Pozzallo, la nave Sea Watch 3 con a bordo 438 migranti ha ottenuto il porto in Italia. Le istituzioni hanno scelto Taranto per sbarcare gli stranieri, ricevendo la contrarietà dell'equipaggio della ong tedesca, che voleva sbarcare in Sicilia. Tutti i porti siciliani sono al momento oberati di lavoro con i trasferimenti da Lampedusa e con gli sbarchi autonomi e non è sostenibile porre un ulteriore carico sul personale che in questi giorni sta facendo un lavoro extra in centri di accoglienza al limite della capienza. Ma questo aspetto non sembra interessare le ong, che chiuse nella loro ipocrisia buonista non si interessano di quanto accade ai migranti dopo lo sbarco. Senza considerare che restano più di 1000 migranti in mare, su altre due navi ong, che nei prossimi giorni chiederanno lo sbarco in Italia.

La protesta di Sea Watch 3

La notizia del porto a Taranto è stata accolta con amarezza dalla Sea Watch 3, che su Twitter urla: "Siamo sgomenti: ci aspettano altri due giorni di viaggio e ulteriori sofferenze inflitte a chi ha sopportato abbastanza". Non è la prima volta che le navi ong alzano la voce quando viene loro aperto un porto che non è quello desiderato. Sempre più spesso, infatti, gli equipaggi delle organizzazioni straniere che operano nel Mediterraneo centrale cercano la polemica con le istituzioni italiane, a loro dire colpevoli non accontentarli. Sea Watch 3 stazionava da giorni a ridosso del confine delle acque territoriali italiane in Sicilia, come a indicare loro stessi in quale porto avrebbero dovuto sbarcare.

E nel tweet pubblicato sui social, l'organizzazione tedesca parla di "sofferenze inflitte", con evidente connotazione negativa dal momento che, secondo la definizione Treccani, infliggere significa "imporre pene, castighi". Secondo la ong, quindi, l'Italia avrebbe scelto il porto di Taranto per lo sbarco per punirli? Se così fosse, sarebbe una lettura in mala fede con la volontà di mettere in cattiva luce le autorità italiane, da giorni alle prese con un'emergenza migranti di difficile gestione, soprattutto in Sicilia.

I problemi di Taranto

Ma, al di là della rimostranza pretestuosa e inutile della ong, l'hotspot di Taranto versa in condizioni critiche. "Le condizioni in cui operano gli agenti, soprattutto in estate, sono incompatibili con qualsiasi elementare forma di protezione e benessere del personale", denuncia il sindacato di polizia Sap. "Dal punto di vista igienico/sanitario la situazione è ad alto rischio di infezioni: caldo estremo, topi, vermi e liquami costituiscono grave pericolo per la salute e la sicurezza del personale di servizio e per gli stessi ospiti", spiegano i delegati sindacali, che raccolgono le testimonianze degli operatori che lavorano presso il centro.

Il segretario provinciale del Sap di Taranto, Pasquale Magazzino, denuncia l'inadeguatezza dell'hotspot, esempio del "fallimento della politica migratoria". L'esponente del Sap, infatti, spiega che "la struttura viene utilizzata difformemente dagli altri centri adibiti a 'punti di crisi', senza che sia mai stata fatta chiarezza circa la ratio di questa scelta.

L' hotspot tarantino dovrebbe essere un centro di temporanea accoglienza perché la struttura non è dotata di tutti i servizi e non è idonea per sostenere una permanenza così lunga di un numero significativo di persone".

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