A chi si rivolge Ursula von der Leyen? Il presidente della Commissione Ue ha ieri scelto il quotidiano Repubblica per mandare un messaggio agli italiani. Il compito di chi fa informazione è anche quello di leggere le dichiarazioni dei potenti in controluce, per capire fino in fondo cosa vogliono dire ed esattamente a chi. E Von der Leyen si rivolge, tramite noi italiani, agli Stati nazionali dell'Unione.
La scelta del mezzo, Repubblica appunto, non deve ingannare (né irritare): è meno istituzionale del Corriere, ma non meno europeista e senz'altro più vicina all'attuale governo, che della pupilla di Angela Merkel è stato uno dei grandi elettori nel 2019 ed è ora suo interlocutore a Bruxelles.
Von der Leyen si scusa con noi: «Oggi l'Europa si sta mobilitando per l'Italia. Purtroppo non è stato sempre così. Nei giorni della crisi - scrive -, di fronte al bisogno di una risposta comune europea, in troppi hanno pensato solo ai problemi di casa propria». E poi aggiunge che «non si rendevano conto che possiamo sconfiggere questa pandemia solo insieme, come Unione». Ecco, bastano queste poche righe per capire che nella forma scelta ci sono «loro» e ci siamo «noi». Loro sono i 27 Stati dell'Unione, in ordine sparso, uno a uno. Noi siamo l'Unione europea. C'è una frattura dichiarata, visto che a parlare è la massima carica comunitaria, tra il potere dell'Unione e quello dei singoli Stati, che lo limita fino ad annullarlo.
La lettera prosegue rivendicando tutto quello che «noi» Commissione Ue siamo riusciti a fare: sospendendo il patto di stabilità, tenendo aperto il Brennero, stanziando 100 miliardi per la cassa integrazione comunitaria (Sure). Ma è come se fossero tutte operazioni al limite dell'ordinario, mentre per lo straordinario che questa emergenza inimmaginabile richiederebbe, il «noi» non riesca ad agire.
Gli italiani che non amano l'Europa, intesa come organo politico, avranno qui la conferma che qualcosa non va. Ma la debolezza della casa comune sta proprio nello scetticismo (sovranismo, nazionalismo) dei singoli, emerso più che mai in questi giorni. Così la lettera si conclude con un appello, quasi disperato. «Le decisioni che prendiamo oggi verranno ricordate per anni... e quello che possiamo decidere è come reagire... Ho in mente un'Europa fondata sulla solidarietà: la nostra più grande speranza e il nostro investimento in un futuro comune».
Ursula von der Leyen e la sua Commissione vanno valutati per i gradi di libertà che otterranno dagli Stati nazionali. La lettera che la sessantunenne politica cristiano-democratica scriverà nelle altre nazioni sarà diversa da questa, per parlare ogni volta a orecchie diverse. Ma dobbiamo avere fiducia che l'obiettivo sia sincero e che la partita dipenderà dai singoli governi e dagli equilibri politici delle varie democrazie che compongono l'Unione. Non sarà facile, soprattutto perché non c'è già più tempo.
Non dimentichiamoci che von der Leyen aveva un programma molto diverso tra le mani.
I primi passi della nuova Commissione, su un trend che andava consolidandosi, erano rivolti al tema «green», su cui Von der Leyen puntava per aumentare il consenso verso l'Ue, allargandolo ai giovani e ai partiti verdi d'Europa. Invece, dall'oggi al domani, l'agenda si è cancellata. Ora, riscriverla in fretta, è la sua sfida estrema.
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