Ossessione patrimoniale

Letta vuole aumentare le tasse di successione per creare una "dote" ai giovani. Draghi lo stoppa: bisogna dare, non prendere. Ma lui insiste

Ossessione patrimoniale

Mario Draghi rimbalza tutti. E lo fa con due frasi lapidarie, le uniche prese di posizioni che abbiano una valenza politica nel corso di una conferenza stampa completamente dedicata al via libera del Consiglio dei ministri al cosiddetto decreto Sostegni bis, provvedimento che vale circa 40 miliardi di euro. La prima frase, il presidente del Consiglio la dedica ad Enrico Letta, stoppando la proposta del segretario del Pd di introdurre una tassa di successione per i patrimoni che superano il milione di euro per finanziare un fondo a favore dei giovani. La seconda è invece per Matteo Salvini, con un tono decisamente meno conciliante di quello riservato al leader dem. D'altra parte, il tema è senza dubbio più sensibile e, per altro, destinato ad accendere il dibattito politico fino a febbraio del 2022. Quando arriverà a scadenza il mandato di Sergio Mattarella e il Parlamento sarà chiamato ad eleggerne il successore. Il toto-Colle è iniziato ormai da mesi e Salvini - in più occasioni e con cadenza quasi regolare - ha lanciato proprio la candidatura di Draghi. Uscite che devono essere andate piuttosto di traverso al premier.

Draghi, dunque, tira dritto per la sua strada. E forse non è affatto un caso che, rispondendo a una domanda sulle varie posizioni dei partiti sulla riforma fiscale, preferisca fare un ragionamento di sistema. «Punti di vista diversi in Parlamento ci sono su tante cose», spiega il presidente del Consiglio. Che è però convinto di riuscire a trovare una sintesi: «Come penso di farcela? Abbastanza spesso in passato io ce l'ho fatta, questa volta a farcela sarà il governo». Nonostante le tensioni di queste settimane all'interno della maggioranza - con Letta che ha deciso di alzare l'asticella ed andare allo scontro frontale con Salvini - Draghi è infatti convinto di poter resistere agli scossoni dei partiti, destinati ovviamente ad aumentare nei prossimi mesi. Con tre passaggi chiave: il 3 agosto l'inizio del semestre bianco; tra il 15 settembre e il 15 ottobre la tornata amministrativa che coinvolgerà capoluoghi di peso come Bologna, Milano, Napoli, Roma e Torino; a febbraio, infine, l'elezione del presidente della Repubblica.

D'altra parte, è dall'inizio del suo mandato che l'ex numero uno della Bce ha scelto di muoversi con una certa autonomia rispetto a tutti i partiti che sostengono la sua maggioranza. Concedendo una volta agli uni e una volta agli altri, ma sempre in base alle sue personali convinzioni e non certo per ragioni di militanza da una parte o dall'altra. Con un unico e solo asse strategico. Quello con il Quirinale, con cui il premier ha un canale privilegiato. Come hanno dimostrato le recenti uscite di Mattarella che, non certo per caso, ha ripreso i partiti che pensano solo a mettere bandierine su questo o quel provvedimento. Inevitabile, dunque, che la risposta di Draghi sulla sua candidatura al Colle - lanciata da Salvini anche con l'obiettivo di liberare Palazzo Chigi e facilitare il ritorno alle urne prima del 2023 - sia tranchant come poche volte era accaduto. «Trovo estremamente improprio, per essere gentile, che si discuta del presidente della Repubblica quando è in carica. L'unico autorizzato a parlare del capo dello Stato è il capo dello Stato», dice il premier. Con quel «per essere gentile» che resta lì appeso con i suoi non detti. D'altra parte, per il leader della Lega ce n'è anche sul fronte pandemia, visto che Draghi ci tiene a dire che nonostante gli ottimi risultati non bisogna «abbandonare» i presidi anti-Covid, «dall'uso delle mascherine al distanziamento». Esattamente il contrario di quanto sostenuto solo qualche ora prima da Salvini, convinto che «l'obbligo della mascherina all'aperto» vada «tolto» già «da metà giugno».

Il tema che scalda, però, è soprattutto la proposta di Letta. Che, pur se in un ragionamento più complessivo, non pare convincere Draghi. «Non ne abbiamo mai parlato, ma questo - spiega il premier - non è il momento di prendere i soldi dei cittadini, ma di darli». Nel caso, insomma, se ne discuterà più avanti, quando si arriverà alla riforma del fisco.

Che, ha detto l'ex presidente della Bce sin dal suo insediamento, non va fatta andando «avanti a pezzettini», ma deve essere organica e coerente, incardinata nel Pnrr e poi approvata dal Parlamento. Concetto ribadito ieri, quando - tornando sulla fiscalità - ci ha tenuto a dire che i due cardini da seguire sono «il principio della progressività» e l'obiettivo della «crescita».

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