Processo vicino, parla dirottatore del bus: "Sono pentito, racconterò mia storia"

Mercoledì il 47enne si presenterà in aula per affrontare il processo, dopo sei mesi di reclusione in una cella di isolamento del carcere di San Vittore. "La situazione mi è sfuggita di mano, il mio voleva essere un gesto dimostrativo. Ora sono pentito e chiedo pubblicamente perdono"

Processo vicino, parla dirottatore del bus: "Sono pentito, racconterò mia storia"

Torna a far parlare di sé Ousseynou Sy, il 47enne senegalese che il 20 marzo scorso ha dirottato un autobus con a bordo 50 ragazzini a San Donato Milanese. A pochi giorni di distanza dal processo che lo vedrà imputato per i reati di strage, sequestro di persona, incendio, resistenza e lesioni, con tanto di aggravanti motivate dalla giovane età delle scampate vittime e dai fini terroristici del soggetto, lo straniero si dichiara dispiaciuto, e chiede perdono per quanto fatto.

È il difensore di Sy, l'avvocato Richard Ostiante, a riferire ad "Adnkronos" le parole del senegalese. "La situazione mi è sfuggita di mano, io non volevo uccidere nessuno ma solo fare un gesto dimostrativo perché si parlasse dell'emergenza immigrati, dei bambini che nell'indifferenza generale muoiono nel Mediterraneo, di un esodo dall'Africa all'Italia e all'Europa che non interessa nessuno. La loro sofferenza non può rimanere silenziosa", questa la spiegazione del 47enne, che poi aggiunge: "Sono dispiaciuto e pentito. Chiedo pubblicamente perdono a tutti".

Le scene del bus avvolto dalle fiamme sono ancora dinanzi agli occhi di tutti. Il coraggio di alcuni ragazzini, così come il tempestivo intervento dei carabinieri ha evitato quella che sarebbe potuta essere a tutti gli effetti una strage. La giustificazione di Sy, che parla di"situazione sfuggita di mano" stride con la metodicità con cui il suo piano è stato messo in atto. Finito subito dietro le sbarre, il 47enne ha trascorso già sei mesi in una cella di isolamento del carcere di San Vittore di Milano. Si tratta di una misura necessaria, atta ad evitare che il detenuto possa esser preso di mira dagli altri carcerati, sensibili quando ad essere coivolti sono dei bambini. Il lungo periodo di solitudine sembra però aver sfinito Ousseynou Sy."È una persona forte", spiega infatti il suo legale, "ma la situazione che sta vivendo inevitabilmente pesa sul fisico e sulla mente. Trascorre le giornate da solo, un isolamento continuo che mi fa temere possa crollare".

Mercoledì 18 settembre si aprirà il processo, e Sy si dichiara pronto."In aula voglio raccontare integralmente la verità, quanto accaduto il 20 marzo, perché ho scelto di fare questo gesto dimostrativo. So e accetto le conseguenze a cui vado incontro, ma voglio raccontare la mia storia", sono le parole che ha riportato il suo avvocato. La versione dei fatti già riferita ai sostituti procuratori Poniz e Nobili sarà quindi presentata ai giudici della prima corte di Assise. Sy ha scelto di non ricorrere al rito abbreviato, così come all'attenuante dell'infermità mentale.

Del resto è apparso fin da subito evidente che il 47enne abbia agito con fredda lucidità."Per ora non chiederemo la perizia per discutere della capacità, parziale o totale, di intendere e di volere perché non c'è nulla che indichi un'alterazione", ha infatti dichiarato l'avvocato Ostiante.

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