Dimostrare di essere viva, per poter percepire la pensione integrativa del marito. Ogni anno la signora Paola, 87 anni, deve fornire un certificato che dimostri di non essere morta.
Lo racconta lei stessa, in una lettera inviata al Corriere della Sera, sostenendo di essersi stancata di questa assurda burocrazia che, ormai da anni, la costringe a fare file, prendere appuntamenti e passare da un ufficio all'altro, solo per ritirare quel poco denaro che le spetta. Ogni anno deve fornire la prova ufficiale che non è morta. Per farlo, Paola deve andare prima all'ufficio sanitario, per farsi fare il certificato di esistenza in vita dall'ufficiale sanitario, che ha un costo, e poi in Comune, per chiedere il visto dell'anagrafe con certificato di vedovanza. Anche le pratiche agli uffici comunali hanno un costo: 16 euro di certificato, più i diritti di segreteria. Così, tra i soldi pagati all'ufficiale sanitario e quelli dovuti al Comune se ne va quasi un mese della pensione integrativa. Oggi, per fortuna la procedura si è semplificata e il certidicato di esistenza può essere rilasciato direttamente dall'anagrafe.
Tutto questo per ricevere meno di 75 euro al mese, 74,25 per essere esatti: una cena al ristorante più il cinema, niente di più. E dopo tanti anni, Paola si è stancata: "Ho 87 anni, mi sento ancora bene e trovo umiliante questa trafila per una modesta pensione integrativa".
Si chiede se non sarebbe più semplice, veloce e meno dispendioso portare un'autocertificazione e vorrebbe che lo Stato si fidasse di più dei cittadini. Ma sa bene che il prossimo anno dovrà rifare tutta la trafila per certificare di essere viva.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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