Reggio Emilia, tra i cittadini delusi "Bonaccini? Promesse tradite"

Dopo che la giunta targata Pd ha fatto chiudere tutti i punti nascita dell'Appennino reggiano, causando enormi disagi alle famiglie della zona, ora Bonaccini ne promette la riapertura. Ma i cittadini non ci credono più.

Reggio Emilia, tra i cittadini delusi "Bonaccini? Promesse tradite"

Arrivando dalla pianura della provincia di Reggio Emilia, tra le curve a gomito che disegnano la strada in mezzo alla roccia a 750 metri di altitudine, Castelnovo de’ Monti sembra un angolo di paradiso protetto dalla Pietra di Bismantova. Il paese è considerato il capoluogo dell’Appennino Reggiano e, se da fuori ha tutte le caratteristiche del borgo incantato, per le giovani famiglie, da qualche anno, viverci è diventato un incubo.

“Da quando la Regione ha lasciato che venisse chiuso il punto nascite dell’unico ospedale della zona, molte famiglie hanno deciso di andarsene in città. Fare figli qui è diventato un rischio e la montagna si sta spopolando”. Ci racconta Nadia Vassallo, mamma e cittadina di Castelnuovo che da anni ha preso a cuore la battaglia e, con il Comitato “Salviamo le cicogne”, lotta per la riapertura del reparto maternità dell’ospedale Sant’Anna.

Nel 2017, dopo una chiusura per ferie del punto nascita del complesso ospedaliero, ne è stata annunciata la chiusura dalla giunta Bonaccini in seguito al parere negativo della commissione sul percorso nascita nazionale e quindi, del parere negativo del Ministero. Da lì la protesta dei cittadini. “Abbiamo iniziato la nostra battaglia perché la chiusura del punto nascita è stata una mazzata per tutto il territorio. É un togliere un’identità alle persone. È tagliare il filo che lega il vivere al poter nascere.” Continua Nadia, con la forza di chi nei vicoli di quel paese ripercorre tutta la sua vita.

Da quando il reparto nascite ha chiuso i battenti i disagi per le gestanti sono moltissimi. Negli anni gli episodi che hanno messo in pericolo la nascita di una bambino, in quelle zone, sono stati molti. “Ci sono state donne che hanno partorito in ambulanza. Delle mamme che sono dovute salire sull’elicottero per essere trasportate. L’elicottero che non è potuto arrivare per le avverse condizioni metereologiche…” spiega ancora Nadia. Dal giorno della chiusura del reparto infatti, le mamme sono costrette a raggiungere il primo ospedale attrezzato per il parto. Quello di Reggio Emilia. Ma la struttura non è poco distante dal paese di montagna. Per raggiungerla, da Castelnovo, si devono percorrere più di 40 chilometri. Circa un’ora di strada. Per i piccoli comuni sul crinale la strada è ancora più lunga e con l’auto potrebbero volerci ben due ore per raggiungere i medici.

Il patto Stato-Regione del 2010 sancisce che, se le strutture ospedaliere non rispettano alcuni criteri specifici, sia numerici che di sicurezza, i punti nascita debbano essere chiusi. Tali criteri numerici prevedono che, l’ospedale debba effettuare almeno 500 parti all’anno. Numero che il Sant’Anna, effettivamente, non raggiungeva. Nel 2015 però, il ministro Lorenzin attraverso un decreto ministeriale, ha istituito “l’istituto della deroga”. La cui richiesta era prevista esclusivamente per punti nascita orogeograficamente svantaggiati. Deroga che però, la giunta Bonaccini inizialmente si rifiutò di richiedere. “Siamo andati a parlare con la giunta per spiegare i disagi e il dramma a cui avrebbe portato la decisione presa”. Dichiara la portavoce del "Comitato delle cicogne".

Le continue richieste dei cittadini misero la Regione con le spalle al muro. Per accontentare le famiglie la giunta presentò la deroga ma, nel documento, i dati che sarebbero serviti a descrivere le caratteristiche del luogo vennero riportati in maniera errata. E così, il ministero, approvò (sulla base di dati sballati) la richiesta di chiusura. Niente di definitivo. La situazione sarebbe comunque potuta cambiare, a patto che, la Regione, decidesse di inviare una richiesta di revisione al ministero, che tenesse in considerazione i giusti parametri, presentati dal "le cicogne" assieme ad alcuni medici della zona. Nell'ormai lontano gennaio del 2019. “Hanno avuto un anno intero per risolvere questa situazione, ma ancora qui è tutto fermo” ammette Nadia.

Ma adesso Bonaccini esordisce con le promesse: “riapriremo i punti nascita”. Eppure nell’ultima revisione del patto della salute siglato da ministero e Conferenza delle Regioni (in cui è prevista la "revisione del decreto ministeriale 70 per la disciplina dei punti nascita”) i riferimenti ai punti nascita sono completamente spariti.

“Queste

promesse a tredici giorni dal voto sono l’ennesima beffa. Perché non lo hanno fatto prima? É solo campagna elettorale. Non ci crediamo e ci crederemo solo quando il reparto del Sant’Anna riaprirà le porte.”

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