Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie infettive del policlinico San Martino di Genova, lo ripete da giorni: "Ben vengano i profughi ma si dovranno vaccinare".
Questo perché, spiega Bassetti a Libero, un terzo della popolazione ucraina non si è vaccinata contro il coronavirus e "se andiamo a vedere lo specifico di chi sta fuggendo è anche peggio". In altre parole, ciò significa che il 33% degli ucraini non hanno completato il proprio ciclo vaccinale e che la percentuale cresce se si considerano donne e bambini. Vale a dire quelle persone che in questo momento possono lasciare il loro Paese e cercare rifugio negli Stati europei limitrofi e non. Stando a quanto dice Bassetti, la bassa percentuale di vaccinazione degli ucraini è dovuta a una questione culturale. "Non è una questione legata unicamente al Covid. Gli ucraini sono poco vaccinati anche perla poliomielite o per il morbillo. Il Sars-cov2 rappresenta solo la punta dell'iceberg". E aggiunge: "Io sono stato tante volte in Ucraina. In passato, per lavoro. La loro propensione ai vaccini è la stessa che noi avevamo negli anni Settanta". L'infettivologo attacca poi anche il loro sistema sanitario. Lo considera fermo, rispetto ai nostri standard, proprio a quegli anni. Per dimostrare la sua tesi, Bassetti ha preso in esempio quanto accaduto quando è partita la campagna vaccinale in Italia. "Le badanti e, in generale, le persone dell'Est, erano più restie di altre a farsi vaccinare".
In merito al vaccino per la poliomielite e il morbillo, spiega: "Riguardano esattamente lo stesso discorso. Gli ucraini non sono vaccinati per queste due malattie, né per le altre di carattere infettivo, come lo siamo noi. Nel frangente in cui arrivano qui, questo può avere delle ricadute. Per il morbillo e la poliomielite gli italiani hanno una copertura vaccinale soddisfacente, non mi sembra il caso di rischiare un focolaio di un morbo che quasi non ci ricordiamo neanche più". Stesso discorso per il coronavirus. Bassetti afferma che stiamo uscendo a fatica dalla quarta ondata e per questo non possiamo permetterci una recrudescenza del virus. "Dobbiamo persino aggiungere che, purtroppo, la situazione è pure sottostimata", aggiunge l'infettivologo. Questo perché, ovviamente, in mezzo a una guerra la preoccupazione principale di certo non è il fare tamponi di massa o il tracciamento dei contagi.
Allo stesso tempo però, per Bassetti, bisogna far valere per loro le stesse regole che valgono per noi. "Chi entra in Italia entra a far parte di una comunità che ha norme e obblighi. Se vale per noi perché non dovrebbe valere per i rifugiati? Idem per i bimbi: i nostri - continua - devono farsi la punturina contro il morbillo per andare a scuola.
La stessa legge, cioè la Legge Lorenzin, dovrebbe valere per i bimbi ucraini ospitati a Milano o Verona o Firenze". Per questo la sua speranza è che l'Europa abbia un atteggiamento univoco perché "i virus non si fermano alla dogana".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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